Pseudo-Senofonte, Costituzione degli Ateniesi, II 19-20
«[19] φημὶ οὖν ἔγωγε τὸν δῆμον τὸν Ἀθήνησι γιγνώσκειν οἵτινες χρηστοί εἰσι τῶν πολιτῶν καὶ οἵτινες πονηροί· γιγνώσκοντες δὲ τοὺς μὲν σφίσιν αὐτοῖς ἐπιτηδείους καὶ συμφόρους φιλοῦσι, κἂν πονηροὶ ὦσι, τοὺς δὲ χρηστοὺς μισοῦσι μᾶλλον· οὐ γὰρ νομίζουσι τὴν ἀρετὴν αὐτοῖς πρὸς τῷ σφετέρῳ ἀγαθῷ πεφυκέναι, ἀλλ᾽ ἐπὶ τῷ κακῷ· καὶ τοὐναντίον γε τούτου ἔνιοι, ὄντες ὡς ἀληθῶς τοῦ δήμου, τὴν φύσιν οὐ δημοτικοί εἰσι. [20] δημοκρατίαν δ᾽ ἐγὼ μὲν αὐτῷ τῷ δήμῳ συγγιγνώσκω· αὑτὸν μὲν γὰρ εὖ ποιεῖν παντὶ συγγνώμη ἐστίν· ὅστις δὲ μὴ ὢν τοῦ δήμου εἵλετο ἐν δημοκρατουμένῃ πόλει οἰκεῖν μᾶλλον ἢ ἐν ὀλιγαρχουμένῃ, ἀδικεῖν παρεσκευάσατο καὶ ἔγνω ὅτι μᾶλλον οἷόν τε διαλαθεῖν κακῷ ὄντι ἐν δημοκρατουμένῃ πόλει μᾶλλον ἢ ἐν ὀλιγαρχουμένῃ».

«[19] Io dico, dunque, che il popolo ateniese sa quali dei cittadini sono buoni (chrēstoí) e quali sono cattivi (ponēroì), e proprio perché lo sanno amano quelli che a loro sono favorevoli e utili, anche se sono cattivi, e odiano piuttosto i buoni. Pensano, infatti, che la virtù di costoro sia nata non per il loro bene, ma per il loro danno, ed è in contrasto con ciò che alcuni, benché siano effettivamente democratici, per la loro nascita e natura non appartengono al popolo. [20] Ora, io ammetto che il popolo voglia un “governo di popolo” (dēmokratía), perché non si può non concedere che uno faccia il proprio bene. Ma chi, non essendo del popolo, sceglie di vivere in una città governata dal popolo piuttosto che in una città governata da pochi, ha in animo di commettere ingiustizia, sapendo che ai delinquenti una democrazia offre maggiori garanzie d’impunità che un’oligarchia (mâllon oîón te dialatheîn kakōi ónti en dēmokratouménēi pólei mâllon ḗ en oligarchouménēi)».
Come spesso accade, le parole degli Antichi si dimostrano davvero attuali.
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[…] Sono ormai date le condizioni per una svolta politica in senso oligarchico, come logico sviluppo di precedenti avvisaglie, come reazione agli insuccessi della politica estera democratica, come maturazione delle trame più o meno occulte tessute da Alcibiade con gli ufficiali ateniesi della flotta di Samo. Se un fattore del deterioramento delle posizioni ateniesi nell’Egeo orientale era l’alleanza spartano-persiana, la situazione si poteva ribaltare, secondo Alcibiade, mutando il regime da democratico in oligarchico: Pisandro, trierarco a Samo, raggiunge Atene, latore di queste proposte[6]. In realtà, per gradi, Alcibiade sta tentando di rientrare nel gioco politico ateniese: quando il disegno sarà maturo, il suo interlocutore sarà, come agli inizi della sua carriera, il regime democratico. […]
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