
Galleria Borghese, Roma.
Costui che segue, tuttavia, cui Amore mette le ali,
è più veloce, non dà tregua alla fuggitiva e già le è alle spalle
e il suo alito le sfiora i capelli sul collo.
Con le energie esauste, vinta dalla fatica della fuga concitata,
quella impallidisce: «O Terra! – urla – distruggi il mio aspetto,
trasforma questa bellezza, che è causa della mia rovina!
Padre – aggiunse – aiutami, se è vero che voi fiumi avete potere divino!
Sfigura questo mio aspetto per cui troppo sono piaciuta!».
Non ha ancora finito di parlare che subito un pesante torpore le invade le membra:
il morbido petto è cinto da una sottile corteccia,
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;
i piedi, prima tanto veloci, sono inceppati da inerti radici,
il viso diventa la cima: solo lo splendore in lei resta.
Ma anche così Febo l’ama e posta la destra sul tronco
sente pulsare ancora il cuore sotto la corteccia appena spuntata
e abbracciando i suoi rami, come le membra, riempie
di baci il tronco della pianta…
P. Ovidio Nasone, Metamorfosi I, 540-556a
La scultura del Bernini è la traduzione visiva dei versi di Ovidio, ne esce naturalmente, ti fa pensare “è davvero questo che il poeta vedeva mentre stilava i suoi esametri, non lo si poteva materializzare in maniera più fedele!”. La scioltezza della scultura replica quella del verseggio latino, così intriso di sonorità, così vibrante e pieno. Due capolavori fusi insieme.
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