di MUSTI D., Storia greca. Linee di sviluppo dall’Età micenea all’Età romana, Milano 2010, pp. 155-160.
Nel quadro degli assetti territoriali e delle ripartizioni regionali del mondo greco vanno considerate quelle caratteristiche associazioni, che definiamo come “anfizionie”. Le anfizionie sono leghe di popoli o di città costituite intorno a un santuario. Bisogna dunque evitare di vedere in esse forme embrionali di unificazione politica, quasi una fase immatura in quel cammino dell’unificazione nazionale e territoriale, che una concezione ottocentesca voleva imporre al mondo greco come sua finalità mai raggiunta. Come abbiamo già detto, il mondo delle póleis nasce, si regge e fiorisce sul principio dell’autonomia: chi volesse imporre modelli ottocenteschi alla variegata realtà del mondo greco, ne mortificherebbe la peculiarità, ne stravolgerebbe l’identità storica. Il tema delle anfizionie si lascia dunque assai bene inquadrare in un capitolo destinato allo studio della formazione della Grecia delle città, perché lo investe comunque, in maniera diretta o indiretta.

Un errore che comunemente si commette, a proposito del concetto di anfizionia, è quello di estenderlo al di là delle testimonianze letterarie ed epigrafiche pervenuteci. Certo, queste potrebbero in teoria non rappresentare tutti i casi reali: tuttavia la prudenza è particolarmente raccomandata su questo tema, perché l’anfizionia sembra proprio essere una lega sacrale fra popoli abitanti in uno spazio geografico coerente, che non abbiano già altri motivi per avere un centro sacrale unico. Sembra difficile mettere sullo stesso piano, come talora si fa, le colonie ioniche raccolte intorno al Panionion, cioè al santuario di Poseidone Eliconio al promontorio di Micale, o quelle doriche raccolte intorno al santuario di Apollo Triopio presso Cnido, da un lato, e, dall’altro, quelle associazioni che la tradizione ricorda come «anfizionie» di Delfi, di Delo, di Calauria (un’isola di fronte alla costa orientale dell’Argolide), di Onchesto in Beozia. Di quest’ultima, ricordata soltanto da Strabone, si ammetterà l’esistenza per un’epoca molto arcaica, quando essa avrà avuto la funzione di tener collegati insieme i centri beotici votati a un così spiccato separatismo. Anche dell’anfizionia raccolta intorno al santuario di Poseidone di Calauria (fiorita intorno alla metà del VII secolo a.C.) unico teste è Strabone, che ne ricorda i sette membri componenti: la minia Orcomeno, Atene, Epidauro, Egina, Ermione, Nauplia e, sulla costa occidentale del golfo Argolico, Prasie; in termini geografici, il centro è l’area del golfo Saronico. La lega di Calauria, vista la sua struttura territoriale, le sue componenti, l’epoca della sua fioritura, potrebbe anche aver fornito il quadro a scambi e attività mercantili, potrebbe insomma aver operato come fattore di stimolo dell’economia[1].
Queste due quasi misteriose anti-anfizionie sono centrate intorno a santuari di Poseidone. Intorno a santuari di Apollo si raccolgono invece altre due leghe definibili come anfizionie in base alla tradizione: quella di Delfi, la più famosa (e la più autentica), e quella di Delo (se è dimostrativo di un titolo originario l’uso del termine amphiktýones [“anfizioni”] per gli amministratori ateniesi del tempio di Apollo nel IV secolo a.C.). A Delo si svolgeva tradizionalmente la panḗgyris (“il grande raduno”, tenuto ogni anno in primavera) degli Ioni delle isole tutt’intorno (e della stessa Atene), ben descritto nell’omerico Inno ad Apollo (146 sgg.). Ma è con l’anfizionia delfica che tocchiamo un terreno sicuro. Nel corso del VII secolo, forse già nell’VIII secolo, la lega religiosa, etnicamente composita (Tessali e perieci dei Tessali), ma evidentemente ancora non troppo eterogenea, che si raccoglieva intorno al santuario di Demetra ad Antela, ingloba il santuario di Apollo di Delfi. Questo evento corrisponde da un lato a un momento di particolare prestigio e potenza dei Tessali nella Grecia centrale (momento che si protrarrà per buona parte del VI secolo a.C., e che conosce la fine, o una battuta d’arresto, con la sconfitta subita a Ceresso, presso Tespie, ad opera dei Beoti)[2]; ma, dall’altro, è anche un momento di allargamento notevole della precedente lega tessalica e peri-tessalica. Se solo adesso la Demetra di Antela riceveva l’epiteto di Anfizionide che Erodoto (VII 200) le attribuisce, non è dato sapere: se fosse così, il nome di anfizioni (“circonvicini”) si attaglierebbe particolarmente a una lega sacra, nella quale fanno capo allo stesso santuario (o agli stessi santuari) popoli diversi, appartenenti a un’area vasta e coerente. Gli anfizioni sono in prima istanza i popoli membri della lega, poi, di conseguenza, i rappresentanti nel sinedrio, il cui titolo è propriamente quello di ieromnemoni (anche con varianti dialettali del termine), coadiuvati dai pilagori. Nel sinedrio ciascuno dei popoli (questa è l’entità ivi rappresentata) dispone di due delegati, cioè di due voti. Il numero complessivo dei popoli anfizionici è dodici (un numero tipico, nel quale opera ancora una volta il gusto greco di un’aritmetica politica): di questi già sette sono i Tessali, se presi insieme con i loro sei popoli perieci (Magneti, Perrebi, Dolopi, Achei Ftioti, Eniani, Malii), con i quali dispongono della maggioranza assoluta (14 voti su 24).

Non sembra si possa affermare che il fatto che i Tessali dispongano di due voti, come ciascuno dei popoli, riporti le origini dell’anfizionia a un’epoca in cui i Tessali ancora non avevano assoggettato i loro vicini: la prova contraria è che nemmeno nei momenti di più sicuro dominio i Tessali toccarono questa struttura, che è sacrale e non politica, e in cui la presenza di tanti perieci dei Tessali è sentita dalla stessa tradizione antica come un’immediata espressione della potenza tessalica e non come un suo limite. Due volte l’anno (a primavera e in autunno, ad Antela, presso le Termopili, e a Delfi) si hanno le riunioni ordinarie dell’anfizionia, che si chiamavano entrambe pylaîai ( < pýlai, “porte”), anche se a rigore il nome spetterebbe solo alla riunione delle Termopili (letteralmente, le «Porte calde»). Accanto a questi sette popoli ci sono ancora i Beoti, i Locresi, i Focesi, gli Ioni e i Dori. È significativo del grado di sviluppo cittadino dell’ambiente ionico e dorico il modo in cui essi gestiscono la loro partecipazione all’anfizionia: dei due voti ionici l’uno spetta agli Euboici (forse componenti originari, sino alla prima guerra sacra), l’altro agli Ateniesi; dei due voti dorici l’uno tocca ai Dori di Metropoli, l’altro ai Dori del Peloponneso (e, secondo la dottrina tradizionale, Sparta figurerebbe qualche volta sotto l’etichetta di “Dori del Peloponneso”, per altri essa utilizzerebbe invece il voto dei Dori della Metropoli, residenti alle pendici dell’Eta)[3].

Nel primo decennio del VI secolo la prima guerra sacra vede i Tessali, sotto il tago Euriloco, gli Ateniesi, guidati da Alcmeone e consigliati da Solone, e il tiranno di Sicione, Clistene, alleati fra loro e impegnati contro i Focesi di Crisa, che disturbano i pellegrini diretti al santuario: di qui, la distruzione di Crisa, la consacrazione al tempo del corridoio verso il mare (cioè della piana di Cirra, località divenuta ormai il porto di Delfi), la proibizione di coltivare la terra sacra, che colpisce i Focesi, nel cui territorio sorge Delfi (il santuario e la città dovranno costantemente difendere la loro autonomia e il loro ruolo internazionale da quella provincializzazione eccessiva che comporterebbe la riduzione a santuario dei Focesi), e gli stessi Locresi (occidentali) di Anfissa. La vittoria anfizionica significò il rafforzamento dei Tessali nella Grecia centrale, comportò l’ammissione di Atene nell’anfizionia, e la riorganizzazione degli agoni pitici (da Pythò, l’antico nome di Delfi) nel 582 a.C.[4] La prima guerra sacra costituisce un momento significativo per la storia di tutto il versante orientale della Grecia: è un segnale della crescita di Atene, com’è un momento di ulteriore rafforzamento dei Tessali, che prelude però ad altri, a essi meno favorevoli, sommovimenti nell’area.
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Note
[1] Strab., VIII C.373 sg.; Paus., II 33, 2; Kelly T., The Calaurian Amphictiony, AJA 70 (1966), 113-121.
[2] Sulla battaglia di Ceresso, vd. Plut., Cam. 19, 4; De Herod. 866 f; Paus., IX 14, 2 sg. C’è discordanza tra l’indicazione (in verità chiara e netta) di Plutarco nella Vita Camilli (più di 200 anni prima di Leuttra, cioè prima del 571 a.C.) nel De Herodoti malignitate (poco tempo prima delle guerre persiane).
[3] Bürgel H., Die pyläisch-delphische Amphiktyonie, München 1877 [archive]; Wüst F.R., Amphiktyonie, Eidgenossenschaft, Symmachie, Historia 3 (1954), 129-153 [Jstor]; Parke H.W. – Wormell D.E.W., The Delfic Oracle, I, Oxford 1956; Daux G., Remarques sur la composition du Conseil amphictionique, BCH 81 (1957), 95-120 [persee.fr]; Parke H.W., Greek Oracles, London 1969, 33-43 sulla Delfi delle origini (presenze di abitazioni e di culti già dal Tardo Elladico III, nuovo inizio con l’VIII secolo a.C.).
[4] I testi sulla I guerra sacra appartengono tutti, non a caso, al periodo della III guerra sacra e più ancora alla (IV) guerra, condotta da Filippo II di Macedonia contro i Locresi di Anfissa (cfr. in particolare Aesch. II 115; III 109 s.). Non è dunque escluso che ci si trovi, per vari aspetti, di fronte ad anticipazioni e retroiezioni. È da tener presente però che proprio nel IV secolo si ristabiliscono condizioni non certo identiche, ma latamente simili, e quelle del tardo arcaismo (situazione storica di policentrismo, ruolo della Grecia centrale e dell’area, naturalmente meno urbanizzata, degli éthnē).
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