di Alfred D. Godley (ed.), Herodotus, II – Books III-IV, with an English translation, Cambridge 1920, pp. 104-110 (Hdt. III 80-82).

[80] Il parere di Otane era di rimettere il potere a tutti i Persiani: «Secondo me – fece – non deve più esserci un monarca a governarci: si tratta di un governo spiacevole e non valido. Voi avete pur visto l’arroganza di Cambise sin dove si è spinta e avete sperimentato anche quella del “Mago”. Come potrebbe essere una cosa conveniente la sovranità di un’unica persona (mounarchíē) a cui è lecito agire come vuole senza doverne rendere (aneuthýnōi) conto a nessuno? Anche l’uomo migliore del mondo, una volta che avesse in mano tanta autorità, si troverebbe al di fuori del modo comune di pensare. Le fortune a sua disposizione producono in lui protervia (hýbris), e in ogni uomo c’è già innata sin da subito l’invidia (phthónos): se possiede questi due vizi, li possiede tutti. Molte azioni nefande le compie perché è gonfio d’arroganza e molte perché è pieno d’invidia. Eppure un sovrano (týrannos), che possiede ogni bene, non dovrebbe conoscere invidia; e invece germoglia in lui malanimo verso i suoi cittadini: invidia i migliori finché sono ancora in vita, si compiace dei cittadini peggiori, nessuno è più disposto di lui ad accogliere calunnie. La cosa più assurda è che se lo ammiri con moderazione, se ne adonta perché non si sente abbastanza riverito, e se lo riverisci molto, se ne adonta perché si sente adulato. Ma la cosa più grave è questa: sconvolge le patrie tradizioni, violenta le donne, manda a morte senza processi. Invece, il governo del popolo (plēthos árchōn) comporta già il nome più bello che esista: “parità di diritti” (isonomíē). E poi non c’è nulla di ciò che fa un monarca; le cariche pubbliche si sorteggiano, c’è un rendiconto per le magistrature ricoperte, tutte le decisioni sono assunte in comune (es tò koinón). Pertanto, il mio parere è di abbandonare il regime monarchico e di innalzare il popolo (plēthos) al potere: perché nella maggioranza (en tōi pollōi) risiede tutto». [81] Otane dunque espresse questa sua opinione. Megabizo, invece, esortava a volgersi all’oligarchia dicendo così: «Quel che ha detto Otane per porre fine alla tirannide si intenda detto anche da me; ma quanto al fatto che egli vi invitava a conferire il potere al popolo, egli non ha colto il parere migliore: niente infatti c’è di più privo d’intelligenza (asynetṓteron), né di più insolente (hybristóteron) del popolo inutile. E certo, che per sfuggire all’insolenza di un tiranno gli uomini cadano nell’insolenza di una plebaglia sfrenata, è del tutto intollerabile. Questo, infatti, se fa qualcosa la fa a ragion veduta, questa invece non ha nemmeno la capacità di discernimento; e come potrebbe averne chi non ha imparato da altri né conosce da sé nulla di buono, e si getta nelle questioni politiche senza ragionare, come un torrente impetuoso? Facciano dunque uso della democrazia quelli che vogliono male ai Persiani; noi, invece, scelto il gruppo degli uomini migliori (áristoi), a costoro affideremo il potere; fra questi ci saremo anche noi, ed è giusto che dagli uomini migliori derivino le deliberazioni migliori (árista bouleúmata)». [82] Megabizo, dunque, espresse questo ragionamento. Poi, per terzo, manifestò la propria idea Dario, il quale disse: «A me, le opinioni espresse da Megabizo nei confronti del popolo sembrano esatti, ma inesatti quelli sull’oligarchia. Delle tre forme di governo in questione – tutte ottime, a parole – e cioè democrazia, oligarchia e monarchia, io sostengo che quest’ultima sia di gran lunga quella superiore. Nulla potrebbe apparire più preferibile che un solo uomo eccellente (áristos)! Servendosi delle proprie straordinarie capacità, costui può governare il popolo in modo irreprensibile: è la soluzione più efficace per mantenere segreti i provvedimenti presi nei confronti dei nemici. In un’oligarchia, dove sono in molti a impegnare a fondo le proprie capacità per il bene comune, sorgono di solito accese rivalità personali: ciascuno desidera primeggiare e far prevalere la propria opinione e si arriva così a gravi odi reciproci; dagli odi nascono le sedizioni, dalle sedizioni le stragi; dalle stragi al potere di uno solo il passo è breve: anche in questo si dimostra la superiorità della monarchia. Quando invece è il popolo a detenere il potere, inevitabilmente si sviluppa la criminalità (kakótēs): e quando questa penetra nella cosa pubblica, fra i criminali non si formano inimicizie, bensì amicizie fondate sulla violenza; perché quanto agiscono ai danni dello Stato uniscono i propri sforzi. Le cose vanno così fino a quando qualcuno non si mette a capo del popolo e pone fine alle loro trame. Quest’uomo si attira l’ammirazione delle masse e così, in conseguenza a tale ammirazione, viene proclamato re: anche in questo si dimostra che la monarchia è la forma di governo più sicura. Insomma, per farla breve: da dove deriva la nostra libertà? Chi ce l’ha data? Il popolo, un oligarchia o un sovrano? Il mio parere è che noi, ottenuta la libertà per opera di un solo uomo, dobbiamo conservare questa forma di governo; e, a parte questo, non dobbiamo violare le tradizioni patrie (pátrioi nómoi) che sono validissime; non ne trarremmo certo un vantaggio».
***************************
Bibliografia di approfondimento:
H. Apffel, Die Verfassungsdebatte bei Herodot (3, 80-82), Düsseldorf 1957.
M.P. de Bakker, Speech and Authority in Herodotus’ Histories, Amsterdam 2007.
P.T. Brannan, Herodotus and History: The Constitutional Debate Preceeding Darius’ Accession, Traditio (1963), pp. 427-438.
J. Davie, Herodotus and Aristophanes on Monarchy, G&R 26 (1979), pp. 160-168.
J. de Romilly, Le classement des constitutions d’Hérodote à Aristote, REG 72 (1959), pp. 81-99.
A. Ferrill, Herodotus on Tyranny, Historia 27 (1978), pp. 385-398.
D.E. Hahm, The Mixed Constitution in Greek Thought, in R. Balot (ed.), A Companion to Greek and Roman Political Thought, Mass. and Oxford 2009, pp. 178-198.
F. Lassere, Hérodote et Protagoras : le débat sur les constitutions, MH 33 (1976), pp. 65-84.
Y. Nakategawa, Isegoria in Herodotus, Historia 37 (1988), pp. 257-275.
Ch. Pelling, Speech and Action: Herodotus’ Debate on the Constitutions, PCPhS 48 (2002), pp. 123-158.
C.S. Roy, Political Relativism: Implicit Political Theory in Herodotus’ Histories, Chapel Hill 2010.
_______ , The Constitutional Debate: Herodotus’ Exploration of Good Government, Histos 6 (2012), pp. 298-320.
G. Sissa, Democracy: a Persian Invention?, Mètis 10 (2012), pp. 227-261.
G. Vlastos, Isonomia, AJPh 64 (1953), pp. 337-366.
Dibattito di grande attualità, come d’altronde la discettazione di Dante nel “De Monarchia”.
"Mi piace""Mi piace"
in fondo…siamo sempre alle solite
"Mi piace""Mi piace"
Ogni scritto di questo tipo è sempre di grande attualità 🙂
"Mi piace""Mi piace"
[…] foschi. Gli stessi scrittori che elogiano la democrazia non le risparmiano critiche severe. In Erodoto, dopo che Otane ha parlato a favore della democrazia, Megabizo gli risponde in termini […]
"Mi piace""Mi piace"
[…] non era nuovo presso i Greci: l’esempio più antico e autorevole si trova infatti in Erodoto (Hdt. III 80-83), in un celebre passo nel quale Dario e i suoi compagni, Otane e Megabizo, stroncata la congiura […]
"Mi piace"Piace a 1 persona
[…] non era nuovo presso i Greci: l’esempio più antico e autorevole si trova infatti in Erodoto (Hdt. III 80-83), in un celebre passo nel quale Dario e i suoi compagni, Otane e Megabizo, stroncata la congiura […]
"Mi piace""Mi piace"
[…] celebre dibattito erodoteo sulle costituzioni, il cosiddetto λόγος τριπολιτικός (Hdt. III 80-82) verte, non a caso, sulle costituzioni della πόλις; nella Politica, Aristotele si preoccupa […]
"Mi piace""Mi piace"