L’attualità dei miti

di BONAZZI M., L’attualità dei miti, in «La Lettura – Corriere della Sera» n°378, 24 febbraio 2019, p. 2.

La biologia evoluzionista rilegge l’«Iliade», un regista mette in scena le infelicità di Menelao, una romanziera esordiente (ri)scrive la vita di Elena… Nessuno crede più a certe favole, si preoccupa di dire Socrate, eppure quelle favole parlano di persone (padri, madri, figli, amanti) che sbagliano e pagano per i loro errori. Cioè di noi. Perché, quando scienza e filosofia non riescono a spiegare tutto, resta…

Dal mythos al logos è il titolo di un’opera poderosa, scritta dal filologo tedesco Wilhelm Nestle nel 1940. È anche la descrizione più efficace di come tendiamo a interpretare noi stessi e la nostra storia. C’è stato il tempo delle favole e dei racconti, affascinanti ma ingenui. Poi è venuto il tempo dei ragionamenti, per affrontare i problemi in modo più efficace, da persone adulte. L’idea era già diffusa nell’antichità, come spiega Socrate al suo interlocutore nel Fedro platonico. Passeggiando, erano arrivati in prossimità di un piccolo tempio in onore di Orizia, una ninfa che, si raccontava, era stata rapita da Borea, una divinità campestre. Ma nessuno credeva ormai più a queste storie, Socrate si premura di aggiungere: Borea, lo sanno tutti, è il vento del Nord, ed è a quello, a quello soltanto, che si allude. Magari una ragazza era inavvertitamente precipitata e «da questa morte si era sparsa la leggenda del rapimento da parte di Borea».

Pittore del Salto. Borea rapisce Orizia. Dettaglio su oinochoe apula a figure rosse, 360 a.C. ca. Paris, Musée du Louvre.

I miti, riletti alla luce del logos, altro non sono, insomma, che un primo tentativo, non sempre riuscito, di descrivere l’immenso mondo che ci circonda. Ma non è più tempo per questi voli fantastici; quello che serve, ormai, sono precisione e chiarezza: così scriveva pochi anni dopo Aristotele, un altro che aveva poca pazienza per questi racconti confusi. Era un cambio di prospettiva radicale: i miti — Borea e Orizia lo testimoniano — raccontano di passioni cruente, gesti estremi. Niente di più distante dal mondo di cui parlavano scienziati e filosofi, regolare e ordinato. Inesorabilmente, le figure del mito recedono sullo sfondo, smettono di parlare come le figure dipinte sull’urna, «figlie del silenzio e del lento tempo», di cui avrebbe cantato il poeta inglese John Keats all’inizio dell’Ottocento.

Ma davvero la scienza e la filosofia, le due figlie del logos, riescono a spiegare tutto? Curiosamente, ma non per caso, Socrate e John Keats alludevano entrambi a vicende in cui dominavano incontrastate le passioni («Che uomini o dèi sono questi? Quali fanciulle schive? Che folle inseguimento? Che lotta per sfuggire?»). Quasi sempre i miti raccontano storie violente e dolorose. Non è un dettaglio insignificante. Il tempo passa, ma gli uomini an- cora non hanno imparato a fare i conti con il fondo oscuro del loro animo. E la domanda di Socrate, davanti all’altare di Borea, attende ancora una risposta: ma chi siamo noi veramente? Ci crediamo razionali, siamo convinti di avere tutto sotto controllo, lontani dalle creature del mito e dalle loro vicende mostruose. Ma troppo spesso scopriamo che le nostre scelte e le nostre azioni inseguivano desideri e passioni di cui forse non eravamo neppure consapevoli. Davvero siamo così diversi da queste creature violente, superiori a loro? Silenziosi come nella poesia di Keats, gli eroi del mito non rispondono. Ma le loro avventure sono forse lo strumento migliore per avventurarci nelle profondità di noi stessi.

Pittore Imarmene. Afrodite persuade Elena a fuggire con Paride. Pittura vascolare su anfora attica a figure rosse, 430 a.C. ca. Berlin, Antikensammlung.

Elena travolta dal desiderio che scappa con Paride e Menelao che la insegue: ma come sarà la loro vita, dopo che si sono riuniti? Agamennone che uccide la figlia per conservare il suo potere: facile criticare, ma quante volte le ambizioni personali hanno preso il sopravvento su tutto il resto? Clitennestra che vendica la memoria della figlia uccidendo il marito e Oreste che uccide la madre per vendicare la memoria del padre: e qui chi è davvero colpevole? Medea che uccide i figli per odio del marito: si può arrivare a tanto? Achille travolto dalla rabbia che causa la morte di Patroclo, l’anima gemella: decisioni prese senza pensarci che producono effetti inattesi…

Cruenti ed esagerati, i miti in fondo raccontano le storie molto semplici di persone (padri, madri, figli, amanti, amici) che sbagliano e pagano per i loro errori. Grazie all’essenzialità delle loro trame, ci portano al cuore dei problemi, che sono sempre gli stessi e che nessuno ha ancora risolto — amore, odio, tradimenti, ambizioni, nobili imprese e gesti miseri: è forse cambiato qualcosa? E così ci aiutano a capire che le cose sono meno semplici di come ci illudiamo che siano. Ma lo fanno senza pretendere di impartire alcuna lezione, senza cercare alcuna morale: sanno — lo sanno da sempre — che siamo più deboli di quello che pensiamo, e che è impossibile controllare tutto. Per questo raccontano e non giudicano: perché, come cantava Fabrizio De André, i buoni consigli li danno solo quelli che non possono più dare il cattivo esempio. Non è cosa loro. Loro ci fanno sentire meno soli, quando finalmente scopriamo che la vita è un gioco complicato e che i buoni consigli è meglio se uno se li tiene per sé.

Pittore Macron, Briseide viene condotta ad Agamemnone. Pittura vascolare dal lato B di uno skyphos attico a figure rosse, 480 a.C. Paris, Musée du Louvre.

C’è una specie di grandezza in tutto questo, come vide uno dei più grandi scrittori del Novecento. L’infinita sequenza di fatti ed eventi che compongono la nostra vita, intrecciandola con quella degli altri, ha un senso o è soltanto una combinazione casuale di episodi isolati, come dune di sabbia che si creano e disperdono su una spiaggia? James Joyce aveva le idee ben chiare in proposito, quando scrisse l’Ulisse. Non è vero che tutto è accidentale; persino la giornata — mediocre, apparentemente inutile — di un impiegato qualsiasi in un qualsiasi ufficio di Dublino (Genova, Utrecht, Palermo) rinnova qualcosa che c’è già stato e che di nuovo sarà, ripete un disegno che dà senso e valore, è un’impresa non meno eroica di quella di Odisseo. È la solita storia dei signor Nessuno — non si definiva così l’eroe dell’Odissea? —; persone apparentemente banali e insignificanti, impegnate in realtà nell’impresa più grandiosa, che è quella di trovare una rotta per navigare nel labirinto indecifrabile della vita. In un misto di eroismo, grettezza e involontaria comicità; senza bussola e senza punti di riferimento; dominati da forze interne (le passioni, i desideri) ed esterne (la pressione sociale, doveri di ogni ordine e specie) di cui non sono neppure consapevoli; e per questo sempre sul punto di commettere un errore che li perderà.

È la storia di tutti noi: esseri deboli e in realtà grandi, grandi proprio perché deboli, ma mai domi. Perché nonostante la nostra debolezza non ci arrendiamo e continuiamo a combattere: non c’è battaglia più eroica di quella che si combatte nella vita di tutti giorni. Sembrano storie lontane quelle dei miti, con i loro eroi bellissimi e giovanissimi, avvolti nella porpora e nell’oro. Forse non sono neppure mai esistiti. Ma le loro avventure sono le nostre e loro sono qui da sempre, tra di noi, contenti di farci sentire meno soli quando ci capita di sbagliare. «Il mito è il nulla che è tutto», cantava Pessoa: difficile dargli torto.

 

Omero. Busto, marmo, copia romana da originale di II sec. a.C. Roma, Musei Capitolini.

2 pensieri su “L’attualità dei miti

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