Livio I 6, 3-7, 3 (La fondazione di Roma)

di Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, vol. I (libri I-II), tr. it. C. Moreschini, Milano, BUR, 2013, pp. 238-241.

Romolo, con il capo velato, traccia il mundus con l’aratro (illustrazione di P. Brocato)

 

[…] Romulum Remumque cupido cepit in iis locis, ubi expositi ubique educati erant, urbis condendae. et supererat multitudo Albanorum Latinorumque; ad id pastores quoque accesserant, qui omnes facile spem facerent parvam Albam, parvum Lavinium prae ea urbe, quae conderetur, fore. intervenit deinde his cogitationibus avitum malum, regni cupido, atque inde foedum certamen, coortum a satis miti principio. quoniam gemini essent nec aetatis verecundia discrimen facere posset, ut dii, quorum tutelae ea loca essent, auguriis legerent, qui nomen novae urbi daret, qui conditam imperio regeret, Palatium Romulus, Remus Aventinum ad inaugurandum templa capiunt.
Priori Remo augurium venisse fertur, sex vultures, iamque nuntiato augurio cum duplex numerus Romulo se ostendisset, utrumque regem sua multitudo consalutaverat: tempore illi praecepto, at hi numero avium regnum trahebant. inde cum altercatione congressi certamine irarum ad caedem vertuntur; ibi in turba ictus Remus cecidit. vulgatior fama est ludibrio fratris Remum novos transiluisse muros; inde ab irato Romulo, cum verbis quoque increpitans adiecisset “Sic deinde, quicumque alius transiliet moenia mea!”, interfectum. ita solus potitus imperio Romulus; condita urbs conditoris nomine appellata. Palatium primum, in quo ipse erat educatus, muniit. sacra diis aliis Albano ritu, Graeco Herculi, ut ab Euandro instituta erant, facit […].

 

Lotta fra Romolo e Remo (illustrazione di P. Connolly).

“[…] Romolo e Remo furono presi dal desiderio di fondare una città in quei luoghi in cui erano stati esposti ed allevati. Sovrabbondava infatti la popolazione degli Albani e dei Latini, e ad essi per di più si erano aggiunti i pastori, sì che tutti senz’altro speravano che sarebbe stata piccola Alba, piccola Lavinio, in confronto alla città che si voleva fondare. S’insinuò poi tra queste considerazioni quel male ereditario che è la cupidigia di regnare, e in conseguenza di ciò nacque l’indegna contesa originata da motivi piuttosto futili. Poiché erano gemelli, e non valeva dunque come criterio risolutivo il rispetto dovuto all’età, affinché gli dèi sotto la cui protezione erano quei luoghi indicassero con segni augurali chi doveva dare il nome alla nuova città, chi dopo averla fondata doveva regnarvi, Romolo, per prendere gli auspici, occupò come luogo d’osservazione il Palatino; Remo l’Aventino.
Si dice che a Remo per primo apparvero come segno augurale sei avvoltoi; e poiché, quando ormai l’augurio era stato annunziato, se n’erano offerti alla vista di Romolo il doppio, le rispettive schiere li avevano acclamati re entrambi: gli uni pretendevano d’aver diritto al regno per la priorità nel tempo, gli altri invece per il numero degli uccelli. Venuti quindi a parole, dalla foga della discussione furono spinti alla strage; fu allora che Remo cadde colpito nella mischia. È più diffusa la tradizione secondo la quale Remo, in atto di scherno verso il fratello, abbia varcato con un salto le nuove mura: che per questo egli sia stato ucciso da Romolo infuriato, il quale, inveendo anche con le parole, avrebbe aggiunto: “Così, d’ora in poi, perisca chiunque altro varcherà le mie mura!”. Pertanto Romolo ebbe da solo il potere; fondata la città, essa ebbe nome dal suo fondatore. Innanzitutto fortificò il Palatino, dov’egli era stato allevato. Offrì sacrifici agli altri dèi secondo il rito albano, ad Ercole secondo quello greco, così com’erano stati istituiti da Evandro […]”.

2 pensieri su “Livio I 6, 3-7, 3 (La fondazione di Roma)

  1. mannaggia a non sapere il latino … sembra facile da leggere , poi vado in confusione e mollo.
    Però è bello è miserioso.
    qualche volta imparo bene bene un tuo articolo e poi mi faccio interrogare. Mi sa che stendo la proffe

    ciao

    BLU

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