Servire lo Stato (Sall. Bell. Cat. 3)

di F. PIAZZI, A. GIORDANO RAMPIONI, Multa per aequora.  Letteratura, antologia e autori della lingua latina. 1 – Dall’età arcaica all’età di Cesare, Bologna 2004, pp. 353-354.

 

Fare politica attiva è il miglior modo di servire lo Stato. Ma anche scrivere le gesta altrui può dare fama. Sallustio ricorda che si dedicò alla politica attiva ancora giovanissimo, ma in quel mondo corrotto anche lui fu facile preda dell’ambizione.

 

3. Sed[1] in magna copia rerum[2] aliud alii natura iter ostendit. pulchrum est bene facere rei publicae, etiam bene dicere haud absurdum est[3]; vel pace vel bello clarum fieri licet; et qui fecere et qui facta aliorum scripsere[4], multi[5] [2] ac mihi quidem, tametsi haudquaquam par gloria sequitur scriptorem et auctorem rerum, tamen in primis arduom videtur res gestas scribere[6]: primum quod facta dictis exaequanda sunt; dehinc quia plerique quae delicta reprehenderis malevolentia et invidia dicta putant[7], ubi de magna virtute atque gloria bonorum memores, quae sibi quisque facilia factu putat, aequo animo accipit[8], supra ea[9] veluti ficta pro falsis ducit.

[3] Sed ego adulescentulus initio sicuti plerique studio ad rem publicam latus sum, ibique mihi multa advorsa fuere[10]. nam pro pudore, pro abstinentia, pro virtute audacia largitio avaritia[11] vigebant. [4] quae tametsi animus aspernabatur insolens malarum artium, tamen inter tanta vitia imbecilla aetas ambitione corrupta tenebatur[12]; ac me, [5] quom ab reliquorum malis moribus dissentirem[13], nihilo minus honoris cupido eadem quae ceteros[14] fama atque invidia vexabat.

 

Uomo togato. Statua, marmo, 100-250 d.C. ca. 

 

Nella molteplicità del reale, la natura addita a chi una strada a chi un’altra. È bello servire la patria con le opere, ma non è senza pregio servirla con l’eloquenza; si può diventare famosi in pace e in guerra e sono tenuti in considerazione sia quelli che compirono imprese sia quelli che le narrarono. Quantunque diversa rinomanza consegua chi opera e chi scrive, a me, invero, il compito dello storico sembra il più arduo: prima di tutto, deve trovare espressioni adeguate ai fatti; in secondo luogo, se condanna i misfatti, l’accuseranno di malanimo e di invidia; se elogia le virtù egregie e porta alle stelle la gloria dei meritevoli, ascolteranno con pazienza le azioni che ritengono alla loro portata, ma quelle maggiori di sé le prenderanno per invenzioni e fandonie.

Quando ero giovane, come molti, la passione politica mi spinse alla vita pubblica, ma molte cose mi andarono di traverso. Tra i politici, infatti, non trovai senso dell’onore, ma impudenza[15], non probità, ma corruzione, non rettitudine, ma invidia; e, sebbene l’animo mio, inesperto del male, rifuggisse da quelle pratiche riprovevoli, pure l’età acerba fu travolta dall’ambizione e rimasi invischiato in quell’ambiente corrotto. Mi tenevo lontano dal malcostume imperante, ma la smania di salire mi esponeva come gli altri alla maldicenza e al malanimo.

(tr. it. L. Storoni Mazzolani)

 

***

Note:

[1] Sed: «Or dunque». L’avversativa è molto frequente all’inizio di capitolo, soprattutto quando segna la transizione da un concetto generale a una situazione particolare.

[2] in magna copia rerum: «nel vasto campo delle cose umane».

[3] pulchrum… absurdum: nota il chiasmo (pulchrum corrisponde a haud absurdum, bene facere a bene dicere). La litote haud absurdum esprime la cautela dell’autore che si sente intorno un pubblico restio a riconoscere il valore della storiografia e, in genere, della letteratura non oratoria; qui conviene conservare la figura nella traduzione: «anche non è disdicevole…».

[4] et qui fecere et qui… scripsere: da notare il polisindeto; fecere: «agirono».

[5] multi: è predicativo, cioè «in molti».

[6] tametsi…tamen: «sebbene non ugual gloria insegua chi scrive e chi compie imprese, (tuttavia)…». Il tamen è ridondante e si tralascia nella traduzione. in primis: rafforza arduom formando una specie di superlativo.

[7] quia plerique… putant: costr. quia plerique putant dicta (esse) malevolentia et invidia quae delicta reprehenderis: «perché, nel rimproverare i misfatti, i più riterranno che le tue parole siano state dette per malevolenza e invidia». Reprehenderis, come il successivo memores, è congiuntivo eventuale con «tu» generico: «è un segno del dialogo moralistico sallustiano la presenza dell’ideale interlocutore» (C. De Meo).

[8] quae… accipit: «ciò che (lui stesso) crede di poter agevolmente operare, ognuno l’accetta senza dar peso (aequo animo)». La vanità induce gli uomini a ritenere attendibili le imprese di cui essi stessi sarebbero capaci, parto di fantasia quelle al di sopra delle loro possibilità.

[9] supra ea: brachilogico per quae supra ea sunt.

[10] Sed ego… multa advorsa fuere: s’innesta qui il motivo autobiografico. Sallustio propone l’identificazione della propria esperienza con quella affine narrata da Platone nella settima epistola (324b): «Da giovane, e sono molti anni, provai un’esperienza comune a molti, fermamente deciso a una cosa: appena in grado di disporre della mia volontà, dedicarmi subito alla vita politica… La costituzione allora vigente era avversata con la violenza, tanto che il potere passò in mano a gente nuova. Certo, erano illusioni quelle che allora sorsero in me, ma la mia giovane età ne dà ragione. Osservando tutti questi fatti e altri, gravi non meno, provai un senso di profonda indignazione. Lungi dalle sciagure che imperversarono in quegli anni, cercai allora di salire a più alta visione» (trad. Turolla). studio… latus sum: «fui trascinato da ambizione alla vita pubblica». multa advorsa: «molte delusioni», «molte amarezze».

[11] pro pudore… avaritia: l’anafora di pro e la contrapposizione, in progressione asindetica, delle virtù (pudor, «ritegno», abstinentia, «integrità», virtus, «merito») ai vizi (audacia, «impudenza», largitio, «corruzione», avaritia, «cupidigia»), senza che si possa ragionevolmente trovare una corrispondenza tra questi e quelle, concorrono alla brevità dell’espressione sallustiana, tesa a dipingere il quadro della decadenza morale.

[12] tametsi… tamen: per la medesima correlazione ridondante, vedi sopra. insolentia malarum artium: «non avvezzo alle male arti». imbecilla aetas: «la mia debole età», cioè la giovinezza inesperta.

[13] quom (= cum) ha valore concessivo.

[14] quae ceteros: sott. vexabat.

[15] I termini che Sallustio contrappone sono pudor-audacia; abstinentia-largitio; virtus-avaritia: i primi rispecchiano l’etica severa della classe dirigente romana, quei principi austeri che, quando si conobbe il pensiero greco, si trovarono a coincidere con l’etica stoica. Pudor è “dignità”, “senso d’onore” e si contrappone ad audacia, un connotato politico deteriore (Cic. Verr. I 1, 36, 2, improbitate et audacia, II 3, 140, 16, ob singularem improbitatem atque audaciam, II 3, 152, 2, improbitas, audacia, ecc. Vedi Ch. Wirszbuski, Audaces, a Study in Political Phraseology, JRS 51 [1961], pp. 12-22). Abstinentia è “incorruttibilità” (at enim praetorem, Sophocle, decet non solum manus sed etiam oculos abstinentes habere, Cic. off. I 144, 9). Virtus è il complesso delle virtù del Cittadino in pace e in guerra (H.W. Litchfield, National exempla virtutis in Roman Literature, HSCPh 25 [1914], pp. 1-71). Sul vocabolario politico dell’età repubblicana, v. J. Hellegouarc’h, Le vocabulaire Latin des relations et des partis politiques sous la République, Paris 1961; U. Paanänen, Sallust’s political-social Terminology, Helsinki 1972.

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