in G.B. CONTE – E. PIANEZZOLA, Lezioni di letteratura latina. Corso integrato, vol. 2: L’età augustea, Milano 2010, pp. 516-517.
Durante la guerra scoppiata in seguito al rapimento delle loro donne, i Sabini, guidati da re Tito Tazio, riescono a impossessarsi del Campidoglio grazie al tradimento di Tarpeia, che apre loro le porte della cittadella.
[5] Nouissimum ab Sabinis bellum ortum multoque id maximum fuit; nihil enim per iram aut cupiditatem actum est, nec ostenderunt bellum prius quam intulerunt. [6] consilio etiam additus dolus. Sp. Tarpeius Romanae praeerat arci. huius filiam uirginem auro corrumpit Tatius ut armatos in arcem accipiat; aquam forte ea tum sacris extra moenia petitum ierat. [7] accepti obrutam armis necauere, seu ut ui capta potius arx uideretur seu prodendi exempli causa ne quid usquam fidum proditori esset. [8] additur fabula, quod uolgo Sabini aureas armillas magni ponderis brachio laeuo gemmatosque magna specie anulos habuerint, pepigisse eam quod in sinistris manibus haberent; eo scuta illi pro aureis donis congesta. [9] sunt qui eam ex pacto tradendi quod in sinistris manibus esset derecto arma petisse dicant et fraude uisam agere sua ipsam peremptam mercede.

L’ultimo attacco Roma lo subì dai Sabini, e questa fu di gran lunga la più importante tra le guerre combattute fino a quel punto. Essi, infatti, non agirono sotto l’impulso del risentimento e dell’ambizione, né si lasciarono andare a dimostrazioni militari prima di dare il via alla guerra. Unirono la fraudolenza al sangue freddo. Spurio Tarpeio comandava la cittadella romana. Sua figlia, vergine vestale, viene corrotta con dell’oro da Tazio e costretta a far entrare un drappello di armati nella fortezza. In quel preciso momento la ragazza era andata oltre le mura ad attingere acqua per i culti rituali. Dopo averla catturata, la schiacciarono sotto il peso delle loro armi e la uccisero, sia per dare l’idea che la cittadella era stata conquistata più con la forza che con qualsiasi altro mezzo, sia per fornire un esempio in modo che più nessun delatore potesse contare sulla parola data. La leggenda riguardante questi fatti vuole che, siccome i Sabini di solito portavano al braccio sinistro braccialetti d’oro massiccio e giravano con anelli tempestati di gemme di rara bellezza, la ragazza avesse pattuito come prezzo del suo tradimento ciò che essi portavano al braccio sinistro; e che al posto dell’oro fosse rimasta schiacciata dal peso dei loro scudi. Alcuni sostengono che, avendo lei chiesto di scegliere come ricompensa quello che essi portavano al braccio sinistro, optò espressamente per gli scudi e che i Sabini, credendo che li volesse tradire, l’uccisero proprio con il compenso che aveva chiesto.
(trad. di G. Reverdito)

I tuoi articoli sono sempre molto interessanti
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Grazie 🙂
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