Il “pericolo” dell’esame

di G. MANZONI, Opulenta patrum. Versioni latine per il secondo biennio e il quinto anno, Bologna 2012, p. 171.

 

Fucina di un ramaio. Bassorilievo, ante 79 d.C., da Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

 

Il fascino della parola, dei suoi significati, della musicalità che produce, dei passaggi logici che può suscitare, attira in genere anche nelle aule scolastiche. Quando si va a scavare l’origine della parola e si trovano i nessi e i collegamenti con altri vocaboli e magari con altre lingue, nasce lo stupore della scoperta, la curiosità dell’indagine: a volte, anche la passione per la linguistica.

Ricordo che, come studente di Glottologia, ero rimasto entusiasta dei primi confronti indoeuropei, che sentivo instaurare a lezione da un maestro come Vittore Pisani, quando si muoveva tra vocaboli latini, greci e sanscriti. Quando parlava del “padre”, per esempio, mi affascinava pensare all’accostamento non solo al latino pater e al greco πατήρ (fin qui siamo nel campo dell’ovvio), ma anche al sanscrito pitár, al gotico fadar, e quindi al tedesco Vater e all’inglese father. Insieme all’elenco delle isoglosse c’era la spiegazione relativa alla trasformazione della radice indoeuropea nelle diverse lingue, compresa la nostra. Oppure ricordo l’accostamento, che adesso mi sembra naturale, ma che allora mi aveva sorpreso, tra il latino amica e il sostantivo amor: in latino l’amica è soprattutto l’amante, e i due vocaboli contengono la stessa radice am-, che ora tendiamo a separare dal nostro concetto moderno di “amicizia”.

Oggi, non c’è lezione di pedagogia e di didattica che non si apra con l’etimologia del verbo “educare” e del concetto di “educazione”: e così si scopre che queste attività sono un educare alla latina, che è collegato all’infinito di educere, che significa “tirare fuori”, cioè “far crescere, allevare”. Chi ce lo ricorda, non lo fa per sfoggio di erudizione, ma ci porta a comprendere il significato stesso dell’attività educativa, attraverso la spiegazione linguistica.

Anche gli studenti odierni mostrano un certo interesse per l’etimologia e la scoperta delle radici linguistiche. Soprattutto quando la storia della parola porta ad accostamenti impensati, allora l’indagine si fa più interessante e chi ascolta segue con attenzione il dipanarsi dei passaggi.

Vorrei portare due esempi. Fa sempre una certa impressione agli studenti la spiegazione dell’etimologia della parola “esame”. Essa viene dal latino examen, che contiene la stessa radice del verbo exigere, e che indicava l’oscillazione della bilancia su cui era posato l’oggetto da pesare. Quindi, l’esame è una misurazione, una pesata: potremmo dire una valutazione ponderata, in questo caso, della preparazione scolastica dell’esaminato. La spiegazione linguistica peggiora ulteriormente il morale dell’esaminando, se poi si ricorda che la parola latina più corrispondente al nostro concetto di “esame” è periculum: che è il momento in cui si deve accertare la peritia dell’alunno. Ma siccome la cosa comincia a diventare un po’ malaugurante, è meglio smettere questo percorso.

Curioso è poi il caso del verbo “cancellare”, di cui comprendiamo il significato se non usiamo la gomma o la scolorina, ma se ci mettiamo a tracciare sui testi già scritti (ma che vogliamo eliminare) alcune righe incrociate a forma di cancelli, o di graticci, in modo da far sparire ciò che è scritto sotto. Questo atto di disegnare cancelli per annullare il testo è divenuto appunto il nostro “cancellare”.

L’etimologia ci porta naturalmente a risalire alle origini linguistiche, ma non solo a questo: attraverso le parole arriviamo al formarsi delle nostre abitudini, alla storia di chi ci ha preceduto, agli usi di un tempo remoto, che scopriamo a volte così uguali e a volte così diversi dai nostri. L’indagine linguistica è anche materia delicata, ma che spesso viene affrontata con una certa approssimazione, quando si accostano “a orecchio” espressioni che sembrano simili e che poi, indagate scientificamente, si rivelano non avere alcunché in comune. Perciò, l’etimologia deve essere sorretta da basi glottologiche e rifuggire dalle spiegazioni di fantasia.

2 pensieri su “Il “pericolo” dell’esame

  1. Ciao Francesco! Ti ricordi di noi? Abbiamo dovuto cambiare indirizzo del sito e per questo motivo abbiamo perso tutti i nostri followers e chi noi stesse seguivamo con piacere. Siamo però riuscire a ritrovare tutti. I tuoi articoli sono sempre molto interessanti e non ce li saremmo persi così facilmente 😉 Spero che tornerai anche tu a seguirci, ci contiamo 🙂 Passa a trovarci, e in bocca al lupo per il tuo splendido lavoro di scrittura qui sul tuo blog 🙂 Un carissimo saluto da Chiara, Erika e Jessica

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