di Cicerone, Sulla natura degli dei, a c. di U. PIZZANI, Milano 1997, pp. 180-183.
[…] luna a lucendo nominata sit; eadem est enim Lucina, itaque ut apud Graecos Dianam eamque Luciferam sic apud nostros Iunonem Lucinam in pariendo inuocant. quae eadem Diana Omniuaga dicitur non a uenando sed quod in septem numeratur tamquam uagantibus; [69] Diana dicta quia noctu quasi diem efficeret. adhibetur autem ad partus, quod i maturescunt aut septem non numquam aut ut plerumque nouem lunae cursibus, qui quia mensa spatia conficiunt menses nominantur; concinneque ut multa Timaeus, qui cum in historia dixisset qua nocte natus Alexander esset eadem Dianae Ephesiae templum deflagrauisse, adiunxit minime id esse mirandum, quod Diana quom in partu Olympidis adesse uoluisset afuisset domo.

“Luna” deriva dal verbo lucere, come dimostra anche l’attributo Lucina; e come presso i Greci durante i parti si invoca Diana aggiungendo l’epiteto di “portatrice di luce”, così fra noi si invoca Giunone Lucina. Diana è detta anche Omnivaga non per la sua attività “venatoria”, ma perché la si annovera fra le sette stelle considerate “vaganti”; è chiamata “Diana”, perché durante la notte sembra riportare la luce “diurna”. Inoltre, si ricorre a lei nei parti, in quanto essi giungono a maturazione nel giro, talora, di sette o, perlopiù, di nove cicli lunari che si chiamano “mesi”, appunto perché percorsi “misurati”. Lo storico Timeo, venendo a parlare dell’incendio del tempio di Diana Efesia, scoppiato proprio nella notte in cui vide la luce Alessandro, aggiunge – con il suo consueto spirito – che la cosa non deve stupire, poiché in quel momento Diana si era assentata da casa per assistere il parto di Olimpia.