di Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, ed. dir. da G.B. CONTE, I, Cosmologia e geografia, libri 1-6, Torino 1982, pp. 230-235.
[41] Sed omnium admirationem uincit nouissimum sidus, terris familiarissimum et in tenebrarum remedium ab natura repertum, lunae. [42] multiformis haec ambigua torsit ingenia contemplantium et proximum ignorare sidus maxime indignantium, crescens semper aut senescens et modo curuata in cornua facie, modo aequa portione diuisa, modo sinuata in orbem, maculosa eademque subito praenitens, inmensa orbe pleno ac repente nulla, alias pernox, alias sera et parte diei solis lucem adiuuans, deficiens et in defectu tamen conspicua —quae mensis exitu latet, ‹t›um laborare non creditur—, [43] iam uero humilis et excelsa, et ne id quidem uno modo, sed alias admota caelo, alias contigua montibus, nunc in aquilonem elata, nunc in austros deiecta. quae singula in ea deprehendit hominum primus Endymion; ob id amor eius fama traditur. non sumus profecto grati erga eos qui labore curaque lucem nobis aperuere in hac luce, miraque humani ingeni peste sanguinem et caedes condere annalibus iuuat, ut scelera hominum noscantur mundi ipsius ignaris.

[44] Proxima ergo cardini, ideoque minimo ambitu, uicenis diebus septenisque et tertia diei parte peragit spatia eadem, quae Saturni sidus altissimum XXX, ut dictum est, annis. dein morata in coitu solis biduo, cum tardissime, a tricesima luce rursum ad easdem uices exit, haut scio an omnium, quae in caelo pernosci potuerunt, magistra: [45] in XII mensium spatia oportere diuidi annum, quando ips‹a› totiens solem redeuntem ad principia consequitur; solis fulgore, ut reliqua siderum, regi, siquidem in totum mutuata ab eo luce fulgere, qualem in repercussu aquae uolitare conspicimus; ideo molliore et inperfecta ui soluere tantum umorem atque etiam augere, quem solis radii absumant. ideo inaequali lumine adspici, quia, ex aduerso demum plena, reliquis diebus tantum ex se terris ostendat, [46] quantum a sole ipsa concipiat; in coitu quidem non cerni, quoniam haustum omnem lucis auersa illo regerat, unde acceperit. sidera uero haut dubie umore terreno pasci, quia dimidio orbe numquam maculoso cernatur, scilicet nondum suppetente ad hauriendum ultra iusta ui; masculas enim non aliud esse quam terrae raptas cum umore sordes. defectus autem suos et solis, rem in tota contemplatione naturae maxime miram et ostento similem, magnitudinum umbraeque indices exsistere.

Ma supera la meraviglia di tutti l’ultimo degli astri, il più familiare ai terrestri, rimedio alle tenebre escogitato dalla natura: la Luna. Polimorfa, essa ha torturato col dubbio la mente dei suoi osservatori, incapaci di sopportare che proprio l’astro più vicino restasse sconosciuto; sempre in via di crescita o di senescenza, e ora incurvata a formare due corni, ora tagliata in due metà uguali, ora arrotondata in un disco; macchiata e, di colpo, sfolgorante di luce, sconfinata con il suo cerchio pieno e, d’un tratto, annientata; a volte veglia notti intere, altre volte appare sul tardi, e aiuta la luce del Sole per una parte del giorno; in eclissi e tuttavia visibile – a fine mese è celata, ma non si crede a un’eclissi –; ora è bassa sulla terra, ora elevatissima, e neppure in modo costante, ma talora accostata alla volta celeste, talora prossima alle montagne, ora alzata verso il nord, ora discesa a sud. Queste sue peculiarità furono scoperte da Endimione, per primo fra gli uomini: perciò, la leggenda del suo amore con la Luna. Non siamo davvero riconoscenti verso chi, con fatica e devozione, ci ha aperto la luce su questa luce: per una strana malattia dello spirito umano, piace depositare negli annali fatti di sangue e massacri, in modo che sia ben informato sui crimini dell’uomo chi ignora la realtà del suo mondo!
Dunque, essendo la più vicina al centro del mondo, essa ha il tracciato più breve di tutti: in ventisette giorni e un terzo percorre la stessa rivoluzione per cui la stella di Saturno, la più elevata, impiega, come si è detto, 30 anni. Poi, dopo essersi trattenuta due giorni in congiunzione con il Sole, dal trentesimo giorno, al più tardi, riparte verso le solite successioni. Direi che è stata maestra di tutte le conoscenze del cielo che abbiamo potuto conquistare: che è opportuno dividere l’anno in 12 periodi di un mese, perché lei, appunto, raggiunge altrettante volte il Sole intanto che questi ritorna al suo punto di partenza; che, come tutte le altre stelle, è dominata dallo splendore del Sole, poiché in effetti essa risplende di una luminosità completamente mutuata da quest’ultimo, simile al riflesso oscillante che scorgiamo sullo specchio dell’acqua; perciò, con la sua forza più fiacca e imperfetta, essa si limita a sciogliere e anche ad accrescere quell’umidità che i raggi del Sole consumano. Il suo splendore è diseguale alla vista perché, piena quando infine è in opposizione, per tutti i giorni restanti si mostra alla terra solo nella misura in cui assume luce dal sole; in congiunzione, appunto, è invisibile, perché, dalla parte opposta alla nostra, rimanda tutta la luce assorbita alla fonte da cui l’aveva ricevuta. Inoltre, senza dubbio alcuno, le stelle si cibano di umidità terrestre, dato che la Luna, quando è a metà, non si vede mai macchiata, perché la sua forza normale non le consente ancora di attingere qualcosa di più; le macchie, infatti, non sono altro che impurità di terra aspirate insieme all’umidità. E poi, le sue eclissi e quelle del sole, il fenomeno più straordinario e insieme a un portento in tutto il quadro della natura, sono rivelatrici dell’ombra che ciascuno proietta, e delle dimensioni.
L’ha ripubblicato su Il blog di Mauro Vetriani.
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