di M. Tullio Cicerone, Dell’oratore, a cura di E. NARDUCCI, Milano 1994, pp. 506-507.

ut illud Nasicae, qui cum ad poetam Ennium venisset eique ab ostio quaerenti Ennium ancilla dixisset domi non esse, Nasica sensit illam domini iussu dixisse et illum intus esse; paucis post diebus cum ad Nasicam venisset Ennius et eum ad ianuam quaereret, exclamat Nasica domi non esse, tum Ennius “quid? ego non cognosco vocem” inquit “tuam?” Hic Nasica “homo es impudens: ego cum te quaererem ancillae tuae credidi te domi non esse, tu mihi non credis ipsi?”
[…] Come la battuta di Scipione Nasica, che si era recato a casa del poeta Ennio e aveva chiesto di lui stando alla porta; ma la serva gli aveva detto che Ennio non era in casa. Nasica però aveva capito che la serva aveva eseguito un ordine del padrone e che questi si trovava in casa. Pochi giorni dopo, Ennio si recò da Nasica, e sulla soglia lo chiamò; Nasica gridò di non essere in casa. «Ma come? – esclamò Ennio – vuoi che non riconosca la tua voce?». Al che Nasica: «Sei proprio uno sfacciato! Quando ho chiesto di te, ho creduto alla tua serva che affermava che tu non eri in casa; e tu non credi a me in persona?».