di BIONDI I., Plutarco, in Storia e antologia della letteratura greca. III. L’Ellenismo e la tarda grecità, Firenze 2004, 665-667.
La maggior parte delle notizie riguardanti la vita di Plutarco, a eccezione di qualche scarna indicazione proveniente dal lessico Suda, deriva da riferimenti autobiografici presenti nelle sue stesse opere. Egli nacque verso il 45-50 a Cheronea, piccolo centro della Beozia, che, nel 338 a.C., era stato reso celebre dalla vittoria di Filippo il Macedone sui Greci; da una notizia contenuta in Moralia 391b, è noto infatti che Plutarco aveva circa vent’anni quando l’imperatore Nerone si recò in visita in Grecia nel 66/7. Discendente di una famiglia agiata e colta, il futuro storico trascorse la giovinezza viaggiando e frequentando le migliori scuole del tempo; durante un soggiorno ad Atene, dove rimase per alcuni anni, ascoltò presso l’Accademia le lezioni del platonico Ammonio (Moralia 385b). Riprendendo a viaggiare, si recò ad Alessandria, a Corinto e a Sardi; venne poi in Italia e a Roma, presso la corte imperiale, con incarichi politici che gli erano stati conferiti dai suoi concittadini. Durante questo soggiorno, Plutarco ottenne la civitas Romana, assumendo il nomen Mestrio, in onore dell’amico Mestrio Floro. Successivamente, ricevette da Traiano la dignità consolare; in seguito, Adriano gli conferì la carica di legatus Augusti in Grecia. A Roma, Plutarco conobbe il filosofo e retore Favorino di Arelate; il suo rammarico più grande (Vita di Demostene 2, 2) rimase quello di non aver potuto imparare bene il latino, a causa dei suoi numerosi impegni. Passata la quarantina, egli ritornò definitivamente a Cheronea, dove fu arconte eponimo, sovrintendente dell’edilizia pubblica e telearco: una carica, quest’ultima, che gli imponeva mansioni di funzionario di polizia. In riconoscimento della sua integerrima onestà e del suo profondo spirito religioso, verso il 90 Plutarco fu ordinato sacerdote di Apollo Delfico, ministero che esercitò per circa un ventennio, insieme a un altro collega. La data di morte è incerta, ma è possibile collocarla fra il 119 e il 127.

Plutarco ha lasciato un vasto corpus di opere, i cui titoli sono pervenuti in massima parte attraverso il cosiddetto Catalogo di Lamprias, erroneamente attribuito a un figlio dello scrittore e che contiene duecentoventisette titoli, ai quali bisogna aggiungerne altri trentatré, di opere note, ma omesse dal compilatore del catalogo. I testi vengono di soliti suddivisi in due grandi categorie: quella storica, la più nota, che comprende le celeberrime Vite parallele, e quella di carattere filosofico, antiquario e scientifico: un’ottantina di opuscoli in forma di dialogo o di dissertazione, raccolti in piccoli gruppi durante il Medioevo sotto il titolo di Moralia. Tale titolo, che appare piuttosto riduttivo, rispetto alla grande varietà di argomenti compresi nella raccolta, deriva forse dal fatto che gli opuscoli di carattere morale furono quelli più letti e apprezzati; secondo un’altra ipotesi, invece, la raccolta attuale sarebbe l’ampliamento di un primitivo nucleo di scritti di argomento etico, al quale se ne aggiunsero altri di vario genere, senza però modificare il titolo, ormai entrato nella tradizione.
Sotto il titolo di Vite parallele (Βίοι παράλληλοι) sono state raccolte cinquanta biografie di illustri personaggi del mondo greco e latino; l’unica eccezione è rappresentata dalla vita di un persiano, Artaserse, figlio di Dario e Parisatide e fratello di Ciro il Giovane, ricordato nell’Anabasi di Senofonte. Le biografie sono state tramandate dai manoscritti unite in ventitré coppie, secondo il seguente ordine: Teseo e Romolo; Solone e Publicola; Temistocle e Camillo; Aristide e Catone il Vecchio; Cimone e Lucullo; Pericle e Fabio Massimo; Nicia e Crasso; Alcibiade e Coriolano; Demostene e Cicerone; Focione e Catone il Giovane; Dione e Bruto; Emilio Paolo e Temistocle; Sertorio ed Eumene; Filopemene e T. Quinzio Flaminino; Pelopida e Marcello; Alessandro e Cesare; Demetrio Poliorcete e Marco Antonio; Pirro e Gaio Mario; Agide e Cleomene; Tiberio e Gaio Gracco; Licurgo e Numa Pompilio; Lisandro e Silla; Agesilao e Pompeo. A queste vanno aggiunte le biografie isolate di Arato, Artaserse, Galba e Otone. Il Catalogo di Lamprias riporta anche i titolo di altre vite andate perdute, come quelle di Epaminonda e Scipione, trattate parallelamente, e quelle isolate degli imperatori romani e dei poeti greci.

L’eterogeneo insieme dei Moralia, che comprende circa ottanta opere (delle quali alcune sono spurie), non può certo essere trattato completamente in questa sede; ci si limiterà, perciò, a raggrupparle in base ai loro contenuti, citandone di volta in volta qualcuno dei più significativi.
Fra gli scritti di argomento retorico ed epidittico, appartenenti alla giovinezza di Plutarco, il più interessante è il De fortuna, che analizza in forma teorica, ma suffragata da qualche esempio pratico, l’influenza della sorte sugli eventi umani.
Dei numerosi testi che parlano di questioni filosofiche, seguendo le dottrine platoniche della nuova Accademia, si può menzionare il De Stoicorum repugnantiis, in cui l’autore fornisce numerose e interessanti notizie sulla dottrina stoica, allo scopo di metterne in evidenza le contraddizioni.
Fra le trattazioni di problemi etici, merita qualche parola il De cohibenda ira, un dialogo fra due amici romani sul modo di tenere a freno i violenti impulsi dell’ira; esso, in effetti, può essere confrontato con il De ira di Seneca. Inoltre, rivestono particolare interesse per l’importanza attribuita alla figura femminile, ormai assurta a un grado di dignità pari a quello dell’uomo, i Coniugalia praecepta. Fra gli scritti di argomento filosofico-pedagogico si distingue per la novità delle idee e per le numerose citazioni dalla lirica classica, il De audiendis poetis, che analizza l’effetto della poesia sull’animo dei giovani.

Gli opuscoli che riflettono le idee politiche dell’autore, ormai giunto alla tarda maturità, contengono insegnamenti tesi soprattutto a inculcare nei giovani greci l’opportunità di dedicarsi all’attività pubblica, anche se in incarichi-chiave ormai occupati prevalentemente dai Romani. Si possono ricordare, a questo proposito, i Praecepta gerenda reipublicae, un vero e proprio manuale dello statista, e l’Ad principem ineruditum, che mira a dimostrare l’importanza della cultura classica per chi sta al potere.
Fra le opere di contenuto teologico, che risalgono probabilmente al periodo del sacerdozio a Delfi, sono degni di menzione il De Iside et Osiride, ricco di preziose informazioni sulla religione egizia, e il De sera numinis vindicta, nel quale, per rafforzare la fede nella giustizia divina, si narra il mito di Tespesio di Soli, che, morto e resuscitato dopo tre giorni, raccontò le terribili punizioni che aveva visto infliggere nell’oltretomba ai malvagi e ai tiranni.
Nel gruppo degli opuscoli di carattere scientifico, si ricordano quelli che riguardano il comportamento degli animali e la loro intelligenza, come il De sollertia animalium e il Bruta animalia ratione uti, un dialogo in cui la maga Circe, dopo aver trasformato in porci i compagni di Odisseo, concede a Grillo, uno di loro, di sostenere la tesi secondo cui la condizione degli animali sarebbe migliore di quella degli uomini. Nel De esu carnium sono contenute invece due dissertazioni sulle cause che indussero Pitagora a evitare di mangiar carne, mentre il De facie in orbe lunae è un’interessante raccolta di miti lunari.
Fra gli scritti di argomento antiquario-letterario, molti dei quali sono andati dispersi, gli Apophthegmata Laconica illustrano gli usi di Sparta attraverso un’ampia raccolta di detti sentenziosi; nel De Herodoti malignitate, Plutarco difende il comportamento delle truppe beotiche durante le Guerre persiane, contro le critiche mosse loro da Erodoto; la Comparatio Aristophanis et Menandri contiene un interessante raffronto fra i due maggiori esponenti del teatro comico antico.
A conclusione di questa brevissima rassegna, si possono ricordare un esempio del genere letterario della “consolazione”, la Consolatio ad Apollonium, e il trattatello De exilio, che appartiene alla vecchiaia dello storico e che sviluppa, con toni ricchi di umana saggezza, un argomento assai spesso affrontato dagli Stoici.

La quantità delle opere di Plutarco pervenute, d’altronde, permette anche una visione approfondita e completa dei suoi mezzi espressivi. Allo stile degli anni giovanili, influenzato dalle regole dell’atticismo e ancora un po’ immaturo, subentrò più tardi un linguaggio più personale, in cui comparivano, accanto alle forme attiche, anche parole della koinè. Il periodare, soprattutto nelle Vite, si fece più complesso, divenne più vario e articolato nella struttura, adatto a evidenziare stati d’animo inclini alla drammaticità e al pathos, ora espressi con asciutta brevità, ora con toni più alti e solenni, ai quali non erano estranee reminiscenze o citazioni tragiche, degne di un’umanità eroica, in cui si incarnavano, nel bene e nel male, le più potenti passioni umane.
La fortuna di Plutarco, a partire dai suoi contemporanei fino a oggi, è stata immensa, tanto da rappresentare, di per sé, un aspetto particolarissimo della cultura europea. Il Cristianesimo intravide in lui uno degli intellettuali naturaliter Christiani, anche se non ufficialmente convertiti, e ne apprezzò la filantropia e la purezza morale. Gli Umanisti esaltarono Plutarco per il valore etico della sua opera, tanto che Erasmo da Rotterdam ne raccomandava caldamente la lettura. Ma l’epoca d’oro dello storico fu soprattutto l’età dei Lumi, quando si tributarono onori a Dione, Timoleonte e Bruto, esaltandoli come nemici dichiarati del dispotismo, e quando gli ideali della Rivoluzione francese videro in Plutarco il profeta della libertà, in un’ottica che certo non teneva conto di indagini storico-filologiche. L’influsso dell’autore è stato grande anche nell’ambito della letteratura, soprattutto teatrale, come dimostrano le tragedie di Shakespeare, di Corneille, di Racine, drammaturghi che hanno attinto ispirazione dalle Vite; nella letteratura italiana, queste opere esercitarono un notevole fascino su alcuni dei più grandi poeti, come Alfieri, Foscolo e Leopardi.
[…] che aveva il suo massimo esponente in Cimone, nel 461 a.C. reagì con la violenza; come racconta Plutarco (Vita di Pericle, 10), Efialte fu assassinato e Atene giunse sull’orlo di una guerra civile[6]. […]
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[…] 1967, pp. 20 sgg. Se si accettano le testimonianze di Esiodo, Opere e Giorni, ai vv. 650-662, e di Plutarco, Moralia 152d, sulla morte di Anfidamante di Calcide (per Plutarco avvenuta nel corso della guerra […]
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[…] raffigurazioni esemplari. I giudizi e le valutazioni che leggiamo in Polibio e nelle biografie di Plutarco, che ampiamente ne deriva, sono il riflesso in campo storiografico di atteggiamenti diffusi nel […]
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[…] (V 104, 3)[3]. Poco prima della vittoria romana di Cinoscefale l’autore di un oracolo riferito da Plutarco (de Pyth. Orac. 11; Just. XXX 4, 1-4) ripeteva ancora l’idea che la vittoria dei Troiani sui […]
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[…] e pretori; Velleio Patercolo ci riporta inoltre la notizia che tale triumvirato fondava colonie. Plutarco nella Vita di Tiberio ci dice che il lavoro di Tiberio, e quindi della commissione triumvirale, […]
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[…] ritenendo che sembrassero più grandi, più nobili, più terribili (γοργοτέρους)». Plutarco conferma e precisa Senofonte: allora «allentavano anche ai giovani la rigidezza della disciplina […]
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[…] –, Lucullo dovette essere coinvolto nel conflitto italico in ampia misura, se ai tempi di Plutarco giravano ancora copie di una sua Storia della guerra sociale in greco, scritta per scommessa. E di […]
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[…] ← Plutarco di Cheronea […]
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[…] di entrare in argomento, Plutarco fornisce alcuni cenni sul senso dell’udito, il quale – afferma – è fra tutti il più esposto […]
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[…] dal greco – molto rilevanti quelle di alcune Vite parallele e del De liberis educandis di Plutarco – e soprattutto ha lasciato un esteso Epistolario, che rispecchia un’ampia gamma di interessi, […]
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[…] si conserva ancora a Oxford nel Codex Canonicianus, 301. Un discorso a parte si dovrebbe fare per Plutarco, e sulle risonanze che le biografie e i trattati ebbero lungo il secolo, e non solo in […]
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[…] Nepote, che farà da modello in età imperiale al capolavoro di questo genere, le Vite parallele di Plutarco di Cheronea (I-II secolo […]
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[…] medesima vicenda è narrata da Plutarco anche nella Vita Alexandri, pur con qualche lieve […]
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[…] secondo Plinio, erano pieni gli archivi delle grandi casate romane e che, secondo Cicerone, Livio e Plutarco, traboccavano di esagerazioni e distorsioni, quando non addirittura di sfacciate menzogne[16]. I […]
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