Il valore di Pullone e Voreno (Caes. BG V 44)

Spesso Cesare anima i resoconti delle sue battaglie con aneddoti di coraggio personale, i cui protagonisti sono centurioni e vessilliferi. Senz’altro fra queste narrazioni la meglio riuscita è quella che vede una vera e propria gara di virtus tra due centurioni, Tito Pullone e Lucio Voreno. L’episodio è ambientato agli inizi dell’inverno del 54 a.C., durante l’attacco all’accampamento di Quinto Tullio Cicerone da parte dei galli Nervi. I due sottoufficiali, fortissimi viri, sono presentati come rivali da sempre e ogni anno si contendono la promozione ai gradi successivi, ambendo a posizioni di primo piano. Nel corso dello scontro con i Galli, Pullone sfida Voreno a mettere alla prova il proprio coraggio. Con Voreno alle calcagna, Pullone balza fuori dalle fortificazioni e riesce ad abbattere un guerriero nemico con il suo giavellotto. I nemici prontamente rispondono con un lancio di proiettili: lo scudo di Pullone, crivellato dai colpi, viene passato da parte a parte da un lanciotto, la cui punta si conficca nel cinturone del milite, spostandogli il fodero e impedendogli di estrarre la spada. In suo soccorso accorre Voreno, che uccide uno dei Galli e respinge gli altri aggressori. Poi è il turno di Voreno a subire la sorte: spingendosi in avanti con troppa foga, egli inciampa in un avvallamento del terreno. Pullone, allora, che intanto si è tirato fuori d’impaccio, gli viene in aiuto e insieme uccidono diversi nemici prima di rientrare illesi nelle fortificazioni.

Lucio Voreno (K. McKidd) in battaglia contro i Galli. Fotogramma dalla serie TV HBO Rome – Prima stagione (2005), di J. Milius, W.J. MacDonald, B. Heller.

[44, 1] Erant in ea legione fortissimi viri centuriones qui primis ordinibus adpropinquarent, T. Pullo et L. Vorenus. [2] Hi perpetuas inter se controversias habebat, quinam anteferrentur, omnibusque annis de locis summis simultatibus contendebant. [3] Ex his Pullo, cum acerrime ad munitiones pugnaretur, «Quid dubitas», inquit «Vorene? aut quem locum tuae pro laude virtutis exspectas? hic dies de nostris controversiis iudicabit!». [4] Haec cum dixisset, procedit extra munitiones quaeque pars hostium confertissima est visa inrumpit. [5] Ne Vorenus quidem sese tum vallo continet, sed omnium veritus existimationem subsequitur. [6] Mediocri spatio relicto Pullo pilum in hostes inmittit atque unum ex multitudine procurrentem traicit; quo percusso et exanimato hunc scutis protegunt hostes, in illum universi tela coniciunt neque dant progrediendi facultatem. [7] Transfigitur scutum Pulloni et verutum in balteo defigitur. [8] Avertit hic casus vaginam et gladium educere conanti dextram moratur manum, impeditumque hostes circumsistunt. [9]  Succurrit inimicus illi Vorenus et laboranti subvenit. [10] Ad hunc se confestim a Pullone omnis multitudo conuertit: illum veruto transfixum arbitrantur. [11] Gladio comminus rem gerit Vorenus atque uno interfecto reliquos paulum propellit; [12] dum cupidius instat, in locum deiectus inferiorem concidit. [13] Huic rursus circumvento fert subsidium Pullo, atque ambo incolumes conpluribus interfectis summa cum laude sese intra munitiones recipiunt. [14] Sic Fortuna in contentione et certamine utrumque versavit, ut alter alteri inimicus auxilio salutique esset neque diiudicari posset uter utri virtute anteferendus videretur.

[44, 1] C’erano in quella legione [la XIII] due centurioni, Tito Pullone e Lucio Voreno, uomini valorosissimi, vicini a essere promossi al comando delle prime centurie. [2] Costoro erano in perpetua competizione per superarsi l’un l’altro e ogni anno si contrastavano con grande accanimento per ottenere la promozione. [3] Mentre si combatteva aspramente presso le fortificazioni, Pullone gridò: «Che cosa aspetti, Voreno? Che occasione aspetti per dimostrare quel che vali? Questo è il giorno che risolverà i nostri constrasti!». [4] Dopo aver detto così, avanzò fuori dalle trincee e irruppe là dove più compatta gli sembrava la massa dei nemici. [5]Neppure Voreno si trattenne nel vallo, ma tenne dietro al collega, temendo di perdere la stima di tutti. [6]Giunto a breve distanza dai nemici, Pullone scagliò il giavellotto contro di loro e ne colpì uno che, uscendo dalla moltitudine, veniva innanzi per assalirlo; allora i nemici si diedero a proteggere con gli scudi il caduto già in fin di vita e tutti insieme lanciarono dardi contro Pullone, impedendogli di avanzare. [7]Lo scudo di Pullone fu trapassato dai dardi e sul suo cinturone andò a conficcarsi un lanciotto. [8]Questo colpo gli mandò fuori posto il fodero e, mentre cercava di estrarre la spada, la sua destra non riusciva ad afferrare l’impugnatura; i nemici, approfittando dell’impaccio, lo circondarono. [9]Ma il suo antagonista, Voreno, vistolo a mal partito, accorse in aiuto. [10]Subito tutta la moltitudine da Pullone si volse contro costui: i nemici credevano che quell’altro fosse morto dal lanciotto. [11]Voreno combatté a corpo a corpo con la spada e, ucciso un nemico, tenne a bada gli altri; [12]ma, mentre incalzava con troppa veemenza, scivolato in un avvallamento, precipitò a terra. [13]Mentre i nemici, a sua volta, lo circondavano, Pullone accorse in suo aiuto ed entrambi riuscirono a rientrare sani e salvi dentro il vallo, riportando un grandissimo onore per aver abbattuto tanti nemici. [14]Così la Fortuna li trascinò ambedue a gara prima nelle contese personali e poi nella lotta contro il nemico in modo che, pur essendo rivali, l’uno fosse di aiuto e di salvezza per l’altro e non si potesse giudicare chi dei due fosse migliore dell’altro per valore.

Graham Sumner, Pullo and Vorenus, Caesarian Centurions (2007).

Voreno e Pullone dimostrano entrambi un grande coraggio. La loro condotta potrebbe persino essere considerata ispiratrice: essi uccidono molti nemici e rientrano nelle fortificazioni summa cum laude, ma Cesare non riferisce che la loro impresa abbia avuto un effetto significativo dal punto di vista tattico o morale. In effetti, è stato notato come il passo abbia una forma autonoma e quasi ciclica, come se si trattasse di un dramma in tre atti, con tanto di prologo ed epilogo. Proprio quest’ultimo è un elaborato epifonema che fa da eco al prologo: hi perpetuas inter se controversias habebat, quinam anteferrentur (2), e neque diiudicari posset uter utri virtute anteferendus videretur (14). Ciò che Cesare sottolinea è piuttosto il gioco della Fortuna, che unisce i due rivali nella difesa reciproca e risolve la loro contesa, per così dire, non risolvendola: in effetti, se ne dichiara un pareggio! L’autore trasmette quest’idea dando uguale spazio a ciascuno dei suoi due centurioni, passando dall’uno all’altro; si avvale di espressioni endiadiche perfettamente bilanciate (contentione et certamine… auxilio salutique) e poliptoti (alter alteri… uter utri); proprio nella conclusione dell’episodio il generale insiste sull’indecidibilità della gara: neque diiudicari posset… Insomma, pur esordendo nel racconto come acerrimi antagonisti, i due uomini finiscono per formare una coppia complementare e collaborativa.

Riferimenti bibliografici:

R. Brown, Virtus consili expers: An interpretation of the Centurions’ Contest in Caesar, De bello Gallico 5, 44, Hermes 132 (2004), 292-308.

R. Cowan, For the Glory of Rome: A History of Warriors and Warfare, London 2007.

L. Grillo, Caesarian Intertextualities. Cotta and Sabinus in BG 5.26-37, CJ 111 (2016), 257-279.

H.M.D. Parker, A Note on the Promotion of the Centurions, JRS 16 (1926), 45-52.

E. Tappan, Julius Caesar’s Luck, CJ 27 (1931), 3-14.

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