Il programma architettonico dell’Acropoli

di E. Lippolis, G. Rocco (eds.), Archeologia greca. Cultura, società, politica e produzione, Milano-Torino 20202, 231-235.

Il quadro storico della seconda metà del V secolo risente di alcuni avvenimenti occorsi nel decennio precedente: ad Atene le incomprensioni con Sparta e l’ostracismo di Cimone determinarono il rafforzamento della fazione democratica più radicale, consentendo a Pericle (c. 495-429), morto Efialte, di occupare la scena politica in modo continuativo sino all’anno 432/1. La pace con la Persia (altrimenti detta «pace di Callia») stipulata dopo la scomparsa di Cimone (post 450) e la «pace dei trent’anni» con i Lacedemoni, siglata nel 446, segnarono l’apogeo del ruolo internazionale della πόλις attica e la sua egemonia politica e culturale, ponendo le basi per una trasformazione radicale dell’aspetto della città e delle forme della sua vita urbana.

Il polo principale del rinnovamento edilizio fu l’Acropoli, che recava ancora le tracce dell’invasione persiana (480-479): di ciò che c’era prima nulla è rimasto a causa delle distruzioni e degli incendi. Sono pervenuti soltanto quelle statue, quegli arredi e quei frammenti di frontoni che i cittadini ateniesi, dopo la battaglia di Salamina, seppellirono con devozione negli avvallamenti rocciosi del pianoro dell’Acropoli e che, per essere stati in tal modo riempiti, vengono collettivamente denominati «colmata persiana». Fu appunto sotto il governo di Pericle che si procedette alla ricostruzione degli edifici sacri della spianata, procurando il maggior diletto e ornamento per gli Ateniesi.

Nel 447, all’interno del grandioso programma di riattamento promosso dallo statista, l’edificio più importante fu il Partenone, costruito sotto la sovrintendenza (ἐπισκοπία) di Fidia, affiancato dagli architetti Callicrate e Ictino. Interamente realizzato in marmo pentelico, il tempio, un periptero dorico di 8 x 17 colonne, mostra una soluzione planimetrica senza precedente, essendo gli ottastili in genere dipteri o pseudodipteri. La scelta non era dovuta soltanto alla decisione di realizzare un edificio più grande – le dimensioni sono infatti prossime a quelle del tempio di Zeus a Olimpia –, ma derivava dall’eccezionalità dell’immagine di culto, la colossale statua crisoelefantina di Atena Parthenos, per la quale il tempio era stato progettato: la planimetria prescelta permetteva dunque di ottenere una cella di ampiezza significativamente maggiore di quella di un periptero esastilo di pari dimensioni e l’organizzazione del colonnato interno, disposto a Π, contribuiva a dare ulteriore risalto alla statua della dea. Della realizzazione del simulacro è pervenuta l’iscrizione frammentaria del rendiconto relativo alle spese (IG I³ 458): «Chichesippo del demo di Mirrinunte è stato segretario dei sovrintendenti alla costruzione della statua. Ricevuta da parte dei tesorieri, di cui Demostrato, figlio di Csipete, è stato loro segretario: 100 talenti. Tesorieri: Ctesio, Strosia, Antifate, Menandro, Timocare, Smocordo, Fidelide. Si è acquistato dell’oro per un valore di 6 talenti, 1618 dracme e 1 obolo; il costo complessivo è stato di 87 talenti, 4652 dracme e 5 oboli. Si è acquistata una partita d’avorio per 2 talenti e 743 dracme». Seguendo lo schema del tempio di Apollo a Corinto o dello stesso tempio pisistratide di Atena Polias sull’Acropoli, sul retro l’opistodomo si articola come un vestibolo, dando accesso a una sala posteriore, la cui copertura è sorretta da quattro colonne, forse ioniche, che incrementano le commistioni tra linguaggi morfologici diversi, presenti in vario modo nell’edificio.

Ictino, Callicrate e Fidia, Partenone. Tempio octastilo, periptero di ordine dorico, 447-438 a.C. Fronte occidentale e lato settentrionale. Atene, Acropoli.

Il monumento, che si configurava come un tempio-tesoro, destinato ad accogliere le dediche più preziose del santuario di Atena, dovette la sua eccezionalità alle esigenze connesse alla realizzazione di un ambizioso programma iconografico, di cui la statua della dea era essenzialmente il fulcro. All’esterno, infatti, si avvaleva di vari cicli figurativi, in larga parte volti all’esaltazione della comunità ateniese e a rivendicare il ruolo di “campione” nella lotta contro i barbari, che Atene rivendicava presso gli altri Greci: un fregio ionico che rappresentava la processione delle Panatenee lungo il perimetro esterno della cella; metope scolpite nel fregio dorico della peristasi; frontoni con statue.

Nel 437, mentre nel Partenone si completano i frontoni, fu aperto il cantiere dei Propilei, destinati a dotare il complesso sacro dell’Acropoli di un accesso monumentale adeguato alle ambizioni della πόλις. L’incarico di dirigere i lavori fu affidato a Mnesicle, il quale propose la realizzazione di una struttura complessa, che avrebbe integrato in un unico edificio il propileo vero e proprio, una sala da banchetti a nord e un vestibolo al santuario di Atena Nike a sud. Il progetto affrontava per la prima volta, a livello monumentale, le difficoltà dell’integrazione in un unico organismo di più strutture a scala diversa, anticipando quello che sarebbe stato un tema centrale dell’architettura ellenistica. La planimetria del complesso combinava in uno schema a Π un corpo centrale, anfiprostilo esastilo dorico, e due ali di proporzioni minori con prospetto tristilo in antis. A causa dell’orografia del sito, l’edificio centrale presentava quote diverse a est e a ovest, raccordate da gradini posti a ridosso del muro trasversale; il dislivello comportò lo sfalsamento della parte anteriore rispetto a quella posteriore, entrambe coperte con tetto a due falde, determinando così un doppio frontone sul prospetto ovest, comunque non percepibile da chi accedeva all’Acropoli. Alla parte anteriore del corpo centrale, la cui copertura era peraltro sostenuta da due file di alte colonne ioniche, furono collegate l’ala nord, che ospita un ampio ἑστιατόριον («salone del focolare»), e l’ala sud, che, pur salvaguardando la simmetria del prospetto, adottava una planimetria irregolare determinata dai vincoli imposti dal τέμενος di Atena Nike, che faceva da vestibolo di ingresso.

Atene. Acropoli, ναΐσκος di Athena Nike, sezione (disegno di Giraud, in Brouskari, 1997).

Tuttavia, il progetto non fu portato a compimento: a nord-est e a sud-est erano stati previsti anche altri due ambienti, attestati da diverse evidenze; se l’imminenza della guerra del Peloponneso fu all’origine di questa interruzione, essa non impedì comunque di porre mano alla realizzazione del nuovo tempio nel santuario di Atena Nike, forse proprio per l’attualità dell’epiclesi della dea. Questa costruzione fu intrapresa intorno al 427 con l’edificazione di un anfiprostilo tetrastilo ionico: la tipologia templare affondava le sue radici in modelli cicladici medio e tardo-arcaici e si era diffusa largamente in Atene e in altre località dell’Attica, durante l’epoca proto-classica. Il tempio di Atena Nike era infatti espressione di un’architettura di stile ionico affermatasi in Attica con forme ormai autonome, indipendenti dai modelli più antichi; i tratti più caratteristici si possono rilevare sia nelle proporzioni dell’ordine, con colonne e trabeazione relativamente pesanti, sia negli elementi morfologici, che combinano particolari di ascendenza cicladica o asiatica (capitelli d’anta, architravi a fasce) con componenti rielaborate in forme originali (capitelli e basi attiche).

L’ultimo edificio realizzato sull’Acropoli fu l’Eretteo, la cui costruzione (421-405) iniziò durante la «pace di Nicia», in una fase di ripresa delle tradizioni religiose e dei culti poliadici più ancestrali. Le apparenti irregolarità del complesso rispondono, oltre che alla particolare orografia del sito, a vincoli determinati dalla peculiare concentrazione nell’area di attività e testimonianze sacre. Ai culti di Poseidone, Eretteo, Boote ed Efesto (forse anche Atena) furono aggiunti anche il Κεκρόπιον e il Προστομιαῖον, la sorgente di acqua salata fatta scaturire, secondo il mito, da Poseidone, mentre il Πανδρόσειον, nel cui τέμενος c’erano l’olivo sacro ad Atena e l’altare di Zeus Herkèios, fu annesso in un recinto subito a ovest.

Atene. Acropoli, Eretteo, prospetto orientale (elaborazione grafica da Paton, Stevens, 1927).

Anche l’Eretteo risultò, dunque, una costruzione complessa, in cui il corpo principale venne suddiviso in due ambienti separati tra loro e aperti su quote diverse; mentre a est, infatti, la cella, preceduta da una facciata esastila ionica, si raccorda con il piano dell’Acropoli e fronteggia l’antico altare, i vani a occidente si aprono 3 m più in basso, su una corte a nord e sul Πανδρόσειον. La terminazione ovest, necessariamente contratta, fu risolta con un alto podio sormontato da un prospetto tetrastilo in antis con semicolonne ioniche addossate a pilastri: l’accesso ai vani occidentali e al Πανδρόσειον fu reso possibile da nord, tramite un ampio portico prostilo tetrastilo ionico a tal fine parzialmente sfalsato rispetto all’edificio principale. Addossata al suo angolo sud-ovest, presso la tomba di Cecrope, si trova la cosiddetta «Loggia delle Cariatidi», con figure femminili stanti in luogo di colonne, che riveste la funzione di ἡρῷον del mitico primo re dell’Attica. Sostanzialmente in controtendenza appare l’architettura dell’edificio, che, se da un lato recupera forme recessive, eco di soluzioni proto-classiche, dall’altro introduce un estremo decorativismo, estraneo alla cultura architettonica cicladico-attica, evidente sia nella sovrabbondanza dell’intaglio decorativo, sia nella ricercata dicromia dei fregi, configurandosi come il corrispettivo in architettura dello “stile ricco” della scultura contemporanea.

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