di B. SCARDIGLI, Introduzione alle Vite parallele di Plutarco (Agesilao-Pompeo), ed. E. LUPPINO MANES, Milano 1996, 5-14.
Plutarco nacque attorno al 45 d.C. nella cittadina di Cheronea in Beozia. Della famiglia parla con calore e rispetto, tanto del padre Autobulo, del nonno Lampria e dei fratelli Lampria e Timone, quanto della moglie Timossena e dei figli. Studiò ad Atene, seguendo soprattutto le lezioni di Ammonio, filosofo platonico[1]. A Cheronea rivestì cariche pubbliche e fondò una scuola. Dal 95 fu sacerdote del santuario di Delfi. Ricevette la cittadinanza romana (portò il nome gentilizio di Mestrio) e tra il 98 e il 117 gli ornamenta consularia, cioè le insegne proprie di un console. La condizione economica agiata gli permise di fare molti viaggi in Asia, in Egitto, nell’Italia settentrionale e a Roma[2], dove tenne conferenze e strinse amicizia con personaggi autorevoli, tanto che dedicò le Vite parallele, le Quaestiones conviviales e il De profectibus in virtute a Q. Sosio Senecione, consolare di alto rango[3].

È significativo che dopo la prima decade delle Vite Plutarco (Aem. I 1) dichiari di voler continuare, per suo personale piacere, l’opera concepita su sollecitazione di altri; è altrettanto significativo che proprio la prima copia della nuova decade (Emilio Paolo – Timoleonte) sia la più idealizzata di tutte[4].
Plutarco è uno degli scrittori più fertili dell’antichità e uno dei più letti in tutte le epoche. La maggior parte delle sue opere, composte a Cheronea, nacque da occasioni ben precise ed era anche destinata a mantenere le relazioni con gli amici vicini e lontani e con i vecchi scolari.
L’opera si divide in due corpora: da un lato i Moralia, dall’altro le biografie. I Moralia sono saggi che trattano questioni di etica, antiquaria, filosofia, religione, retorica, di critica letteraria e di politica: questi ultimi sono in genere i più vicini all’altro corpus, quello delle biografie, consistente in ventidue coppie greco-romane (di cui una perduta[5] e una eccezionalmente composta di quattro Vite: Agide e Cleomene – i due Gracchi); vi erano anche biografie singole, di cui alcune perdute, altre rimaste allo stadio di progetto[6], come l’Eracle, il Leonida (De Her. Malignitate 32, 866b), il Metello Numidico (Mar. 29), il Cratete e forse la Vita di Scipione Emiliano, se il partner dell’Epaminonda era l’Africano[7]; due superstiti (l’Arato e l’Artaserse). Plutarco scrisse inoltre le Vite degli Imperatori fino ai Flavi (sono conservate quelle di Galba e di Otone), redatte diverso tempo prima delle Vite parallele.
Anche se i due grandi ambiti tematici a prima vista sembrano distanziarsi l’uno dall’altro, essi hanno in realtà non pochi elementi in comune: gli stessi temi infatti si ripropongono spesso in opere da diversi punti di vista[8].

Obiettivo delle Vite parallele era ricordare ai Romani, ormai dominatori dell’intero mondo mediterraneo (della Grecia da due secoli e mezzo), il glorioso passato del popolo greco e invitare i Greci a un atteggiamento conciliante nei confronti di Roma[9], così da prevenire malintesi e litigi[10]. A questo scopo le biografie comparate si prestavano assai meglio di un testo storico[11], poiché la lettura della Vita di un Grande coinvolge un pubblico più largo e offre un ampio materiale di confronto.
Il pubblico al quale Plutarco si rivolge è greco e romano[12], ma il destinatario privilegiato è certamente quello greco, al quale vengono illustrati istituzioni, costumi e termini romani[13]. Non conosciamo le reazioni dei contemporanei, non sappiamo se i Greci si sentissero, per esempio, onorati o piuttosto umiliati dal confronto con gli eroi del passato romano, se i Romani riconoscessero i Greci come popolazione alla pari in virtù della loro superiorità culturale, o se li guardassero dall’alto in basso, a causa della loro ormai scarsa rilevanza politica[14].

In Plutarco, che era convinto del valore assoluto della cultura greca, il Greco è spesso colui che gode della migliore e più eletta educazione, che manifesta un gusto più raffinato di fronte all’arte, che s’intende di filosofia[15], e che vive in modo speciale la quotidianità, anche se nella vita pubblica è un noto statista o comandante militare.
Personaggi come Coriolano, Mario e Catone Censore, invece, sono uomini rudi, anche se ottimi generali. I Romani più colti e più abili a controllare i πάθη e lo θυμός hanno avuto un’educazione greca: in alcuni essa rimane alla superficie (come in Antonio, e per certi aspetti anche in Marcello), mentre in altri ancora penetra in profondità (in Emilio Paolo, Lucullo, Catone Uticense, Cicerone, Bruto e nei Gracchi[16]: e questi – pur con qualche elemento di riserva – costituiscono il gruppo di eroi romani preferito da Plutarco!).

Gli studi moderni riguardanti il corpus delle Vite concentrano l’attenzione prevalentemente sui seguenti temi:
- il periodo in cui Plutarco vive e i suoi governanti; questioni di programma, di metodo e di redazione (l’ordine cronologico della composizione, i rinvii interni, l’eventuale redazione contemporanea di più biografie, l’utilizzo per la preparazione di riassunti di letture fatte, di aiuto per parte di terzi, ecc.);
- la scelta dei personaggi e delle fonti e il loro reciproco rapporto[17]. Spesso Plutarco rivela una mano felice in ambedue i settori (su alcuni personaggi soprattutto sapremmo molto poco, se non disponessimo delle biografie); nel caso di non pochi autori antichi dobbiamo solo a lui, se abbiamo un’idea della loro opera (o di parte di essa), spesso di qualità eccellente, come le Storie di Posidonio o di Asinio Pollione o come, in altro campo, le relazioni scritte di testimoni oculari, per esempio di ufficiali che parteciparono alle guerre partiche di Crasso e poi di Antonio;
- le tecniche usate da Plutarco, che hanno reso accessibile un modo di procedere assai frequente negli autori antichi (manipolazioni, semplificazioni, contaminazioni, spostamenti, connessioni di avvenimenti non collegati nella fonte o non collegabili, aggiunte, puntigliose spiegazioni dei fatti);
- il ruolo particolare dei paragrafi finali (synkriseis) e i criteri di accoppiamento. I contributi riguardano perciò l’esame dei fattori che differenziano due eroi e di ciò che li unisce, le coppie a cui manca la synkrisis, quelle in cui il partner romano precede quello greco, il livello letterario delle synkriseis, giudicato modesto e prevalentemente moralistico[18]; inoltre le discrepanze tra il materiale della synkrisis e quello delle Vite;
- la fortuna di Plutarco, sia nei Moralia, sia nelle biografie, nelle diverse epoche.
I contributi sui primi quattro punti sono di solito elaborati nelle varie introduzioni e nelle note alle singole biografie pubblicate in questa collana; qualche informazione in più diamo sull’ultimo.

Pochi autori hanno conosciuto, nel corso della tradizione storica, periodi di fama incontrastata e quasi mitica come il Plutarco delle Vite parallele, l’unico forse, fra i classici, che in certe età abbia eguagliato la fortuna di Orazio o di Virgilio.
Plutarco fu conosciuto e ammirato dai contemporanei (vir doctissimus ac prudentissimus lo qualificava, a trent’anni dalla morte, Aulo Gellio nelle sue Notti Attiche I 26, 4) e il suo culto continuò in età bizantina, sia fra i pagani sia fra i cristiani, che nei suoi scritti trovavano consonanza di principi etici e umanitari.
Nel Medioevo di lui si predilesse la raccolta dei Moralia, un insieme di opuscoli di vera erudizione, in cui il gusto della curiosità enciclopedica si unisce all’interesse per problematiche filosofiche e morali, esteso alle sfere più intime e quotidiane della vita (l’educazione dei figli, i rapporti coniugali, la gestione del patrimonio).
Con l’Umanesimo e il Rinascimento, l’insorgere di un nuovo senso dell’individualità, volto a cercare nei classici il proprio modello, riportò l’attenzione sulle biografie, che i dotti greci, affluiti in Italia dopo la caduta di Costantinopoli, contribuirono a divulgare, e di cui furono fatte traduzioni in latino[19], epitomi[20], imitazioni[21]. I grandi personaggi di Plutarco cominciarono ad alimentare l’immaginario poetico, offrendo materiale d’ispirazione in campo letterario, teatrale e anche figurativo[22]. «Al ritratto degli altri – scrive H. Barrow – Plutarco aggiunse il proprio autoritratto, inconsciamente disegnato nelle Vite e nei Moralia: il ritratto dell’uomo buono, che viveva umilmente in accordo con i più alti modelli della classicità, sereno con se stesso, di aiuto per gli amici; l’ideale di un “veramente perfetto” gentiluomo, che la nuova Europa stava cercando. Forse nessun esplicito programma di scrittore raggiunse mai una più alta misura di successo»[23].
Fra i secoli XVI e XVIII la fama di Plutarco tocca il suo apogeo, come attesta il moltiplicarsi di edizioni e traduzioni. Escono in Francia l’edizione completa dello Stephanus (Paris 1572) e la famosissima traduzione di J. Amyot (Les Vies des Hommes Illustres, Paris 1559; Les Oeuvres Morales, Paris 1572)[24]; in Inghilterra la traduzione di Th. North (1579, con dedica alla regina Elisabetta) cui attinse Shakespeare, e più tardi quella intrapresa da quarantun studiosi sotto la guida di J. Dryden (1683-1686). Sono inoltre da ricordare l’edizione tedesca delle Vite curata da J.J. Reiske (1716-1774), che procedette a una nuova collazione dei manoscritti, e l’edizione olandese dei Moralia pubblicata da D. Wyttenbach (Oxford 1795-1830), al quale si deve anche il lessico plutarcheo (Leipzig 1830, rist. 1962) tuttora indispensabile. Personaggi prediletti delle Vite furono, di volta in volta, gli eroi della guerra, come Alessandro e Cesare, o gli eroi del dovere, come Coriolano, o quelli delle virtù repubblicane, come Catone Uticense e Bruto, idoleggiati nell’età della Rivoluzione francese. In Francia, dove la traduzione di Amyot divenne patrimonio diffuso, ne furono entusiasti estimatori Montaigne («è un filosofo che ci insegna la virtù», Essais, II, p. XXXII), Corneille, che dalle Vite trasse materia per i drammi Sertorio e Agesilao, Racine, che se ne ispirò per il Mitridate, Pascal, Molière[25]; in Inghilterra Shakespeare, cui la lettura di Plutarco offrì la traccia per le tragedie Coriolano, Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra[26]; in Italia D’Azeglio, Leopardi, Alfieri, che allo spirito plutarcheo informò la sua stessa autobiografia[27]; in Germania Goethe, Schiller, Lichtenberg, Jean Paul[28] e molti altri[29]. Alla suggestione di Plutarco non si sottrassero neppure gli uomini di potere, principi assoluti come Enrico IV di Francia e Giacomo I d’Inghilterra, e «illuminati» come Federico II di Prussia; rivoluzionari e repubblicani come Franklin e Washington fino a Robespierre e a Napoleone[30]; del suo influsso risentirono anche gli antesignani del moderno pensiero educativo, Rousseau e Pestalozzi.
Dopo i moltissimi contributi dell’inizio del Novecento, spesso intesi a illustrare aspetti particolari delle Vite[31] o a studiare le fonti plutarchee o lo schema biografico; dopo le ricerche volte a individuare la provenienza di questo tipo di biografie (peripatetica, alessandrina, di ispirazione stoica), o a far distinzione tra categorie moralistiche e narrazione storica, corrispondente all’alternativa tra passi «eidologici» e passi «cronografici» (secondo la terminologia di Weizsäcker), oggi si sta dando, sembra con frutto, nuovo impulso all’interpretazione delle biografie per opera non tanto di studiosi tedeschi (il cui interesse attuale è senz’altro diminuito rispetto ai lavori delle generazioni di un Wilamowitz, di Weizsäcker e Ziegler), quanto soprattutto di anglo-americani (Stadter, Jones, Wardman, Russel, Pelling, Swain e altri), di un grande studioso francese (R. Flacelière) e della scuola, di italiani (Valgiglio, Piccirilli, Manfredini, Desideri, Guerrini e altri), ma anche di studiosi di altri Paesi.
***
Bibliografia:
ALTKAMP (1933) = Altkamp I., Die Gestaltung Caesars bei Plutarch und Shakespeare, diss. Bonn 1933.
AULOTTE (1968) = Aulotte R., Una rivalité d’humanistes : Erasme et Longueil, traducteurs de Plutarque, BHR 30 (1968), 549-573.
AULOTTE (1971) = Aulotte R., Plutarque en France au XVIe siècle : trois opuscules moraux traduits par A. du Saix, Pierre de Saint-Julien et Jacques Amyot, Paris 1971.
BABUT (1975) = Babut D., Ἱστορία οἷον ὕλη φιλοσοφίας : Histoire et réflexion morale dans l’œuvre de Plutarque, REG 87 (1975), 206-219 [link].
BARROW (1967) = Barrow R.H., Plutarch and His Times, London 1967 [link].
BOULOGNE (1990) = Boulogne J., Le sens des ‘Questions Romaines’ de Plutarque, REG 102 (1990), 471-476 [link].
BUCKLER (1978) = Buckler J., Plutarch on Trials of Pelopidas and Epameinondas (369 B.C.), CPh 73 (1978), 36-42.
CRINITI (1979) = Criniti N., Per una storia del plutarchismo occidentale, NRS 63 (1979), 187-203 [link].
DESIDERI (1992) = Desideri P., La formazione delle coppie nelle “Vite” plutarchee, ANRW 2.33.6 (1992), 4470-4486.
DONINI (1986) = Donini P.L., Plutarco, Ammonio e l’Accademia, in Brenk F.E., Gallo I. (eds.), Miscellanea Plutarchea, Ferrara 1986, 97-110.
FROST (1980) = Frost F.J., Plutarch’s Themistocles. A Historical Commentary, Princeton 1980.
GABBA (1961) = Gabba E. (ed.), Racconti di storia greca, racconti di storia romana, scelti dalle Vite parallele di Plutarco, volgarizzate da Marcello Adriano il Giovane, Firenze 1961 [link].
GARZETTI (1954) = Garzetti A. (ed.), Plutarchi Vita Caesaris, Firenze 1954.
GEIGER (1974) = Geiger J., Plutarch and Rome, SCI 1 (1974), 137-143.
GEIGER (1981) = Geiger J., Plutarch’s Parallel Lives: the Choice of Heroes, Hermes 109 (1981), 85-104 [link].
GEIGER (1988) = Geiger J., Nepos and Plutarch. From Latin to Greek Political Biography, ICS 13 (1988), 245-256.
GERHARD (1977) = Gerhard E., Der Wortschatz der französischen Übersetzungen von Plutarchs ‘Vies parallèles’ (1595-1694): Lexikologische Untersuchungen zur Herausbildung des français littéraire vom 16. zum 17. Jahrhundert, Tübingen 1977 [link].
GIUSTINIANI (1961) = Giustiniani V.R., Sulle traduzioni latine delle ‘Vite’ di Plutarco nel. Quattrocento, Rinascimento 2 (1961), 3-62.
GIUSTINIANI (1979) = Giustiniani V.R., Plutarch und die humanistische Ethik, in Ruegg W., Wuttke D. (eds.), Ethik im Humanismus, Boppard 1979, 45-62.
GOESSLER (1962) = Goessler L., Plutarchs Gedanken über die Ehe, Diss. Zürich 1962 [link].
GOMME (1945) = Gomme A.W., A Historical Commentary on Thucydides, vol. I, Oxford 1945.
GOSSAGE (1967) = Gossage A.J., Plutarch, in Dorey T.A. (ed.), Latin Biography, London 1967, 45-77.
GREEN (1979) = Green C.D., Plutarch Revised: A Study of Shakespeare’s Last Roman Tragedies and their Sources, Salzburg 1979.
GUERRINI (1985a) = Guerrini R., Plutarco e l’iconografia umanistica a Roma nel Cinquecento, in Fagiolo M. (ed.), Roma e l’antico nell’arte e nella cultura del Cinquecento, atti del convegno tenuto all’Accademia dei Lincei (Roma, 19-30 ottobre 1982), Roma 1985, 87-108.
GUERRINI (1985b) = Guerrini R., Dal testo all’immagine. La «pittura di storia» nel Rinascimento, in Settis S. (ed.), Memoria dell’antico nell’arte italiana, II, I generi e i temi ritrovati, Torino 1985, 43-93.
GUERRINI (1985c) = Guerrini R., Plutarco e la cultura figurativa nell’età di Paolo III: Castel Sant’Angelo, Sala Paolina, Racar 12 (1985), 179-187.
HALE SHACKFORD (1974) = Hale Shackford M., Plutarch in Renaissance England with special reference to Shakespeare, Folcroft 1974.
HARRISON (1987) = Harrison G.W.M., Rhetoric, Writing, and Plutarch, AS 18 (1987), 271-279 [link].
HERBERT (1957) = Herbert K., The Identity of Plutarch’s Lost Scipio, AJPh 78 (1957), 83-88.
HIRZEL (1912) = Hirzel R., Plutarch, Leipzig 1912.
HOWARD (1970) = Howard M.W., The Influence of Plutarch in the Major European Literature of the Eighteenth Century, diss. Maryland 1967 [= Chapel Hill 1970].
JONES (1971) = Jones C.P., Plutarch and Rome, Oxford 1971 [link].
LAMOTTE (1980) = Lamotte M., Montaigne et Rousseau, lecteurs de Plutarque, diss. Univ., New York 1980.
LATMOUR (1988) = Latmour D.H.J., Plutarch’s Compositional Methods in the Theseus and Romulus, TAPhA 118 (1988), 361-375.
LATMOUR (1992) = Latmour D.H.J., Making Parallels: Synkrisis and Plutarch’s ‘Themistocles and Camillus, ANRW 2.33.6 (1992), 4154-4200.
MEYER (1975) = Meyer R. (ed.), The Classic Pages: Classical Reading of Eighteenth-Century Americans, Pennsylvania 1975 [link].
MOMIGLIANO (1949) = Momigliano A., s.v. Plutarco di Cheronea, EncIt 27 (1935 [1949]), 556-560 [link].
PELLING (1986) = Pelling C.B.R., Synkrisis in Plutarch’s Lives, in Brenk F.E., Gallo I. (eds.), Miscellanea Plutarchea, Ferrara 1986, 83-96.
PELLING (1988a) = Pelling C.B.R., Plutarch. Life of Antony, Oxford 1988 [link].
PELLING (1988b) = Pelling C.B.R., Aspects of Plutarch’s Characterization, ICS 13 (1988), 257-274 [link].
PELLING (1989) = Pelling C.B.R., Plutarch. Roman Heroes and Greek Culture, in Griffin M.T., Barnes J. (eds.), Philosophia Togata, Oxford 1989, 199-232.
PHILIPPS (1957) = Philipps E.D., Three Greek Writers on the Roman Empire, C&M 18 (1957), 102-119.
RESTA (1926) = Resta G., Le epitomi di Plutarco nel Quattrocento, Padova 1926 [link].
RUSSELL (1966) = Russell D.A., On Reading Plutarch’s Lives, G&R 13 (1966),
RUSSELL (1968) = Russell D.A., On reading Plutarch’s Moralia, G&R 15 (1968), 130-146 [link].
RUSSELL (1972) = Russell D.A., Plutarch, London 1972.
SIMMS (1974) = Simms L., Plutarch’s Knowledge of Rome, Diss. Chapel Hill 1974.
STADTER (1965) = Stadter Ph., Plutarch’s Historical Methods, Harvard 1965 [link].
STADTER (1987) = Stadter Ph., The Rhetoric of Plutarch’s Pericles, AS 18 (1987), 251-269.
STADTER (1989) = Stadter Ph., A Commentary on Plutarch’s Pericles, Chapel Hill-London 1989 [link].
SWAIN (1990a) = Swain S.C.R., Hellenic Culture and the Roman Heroes of Plutarch, JHS 110 (1990), 126-145 [link].
SWAIN (1990b) = Swain S., Plutarch’s Lives of Cicero, Cato and Brutus, Hermes 118 (1990), 192-203 [link].
TUPLIN (1984) = Tuplin C.J., Pausanias and Plutarch’s Epaminondas, CQ 34 (1984), 346-358 [link].
VALGIGLIO (1987) = Valgiglio E., Plutarco, Dizionario degli Autori Greci e Latini, vol. III, Milano 1987.
VAN DER VALK (1982) = van der Valk M., Notes on the Composition and Arrangement of the Biographies of Plutarch, in Naldini M. (ed.), Studi in onore di Aristide Colonna, Perugia 1982, 301-337.
WARDMAN (1974) = Wardman A.E., Plutarch’s Lives, London 1974 [link].
WEBER (1959) = Weber H., Die Staats und Rechtslehre Plutarchs von Chaironeia, Bonn 1959.
WEISS (1953) = Weiss R., Lo studio di Plutarco nel Trecento, PP 32 (1953), 321-342.
WILAMOWITZ (1967) = von Wilamowitz U., Plutarch als Biograph, in Reden und Vorträge, II, Berlin 19675.
ZIEGLER = Ziegler K., s.v. Plutarchos von Chaironeia, RE XXI (1951), 895-896.
***
Note:
[1] Cfr. Russell (1968), 132 ss.; Donini (1986), 97 ss.
[2] Si vd. per es., Barrow (1967), cap. V: “Plutarch Abroad”; Jones (1971), cap. 6 ss. con Geiger (1974), 141.
[3] Wardman (1974), 37 s. Su Romani importanti con i quali Plutarco fece conoscenza si vd., per es., Philipps (1957), 102 ss.; Jones (1971), 48 ss.; Simms (1974), cap. I; Geiger (1988), 245 ss.; e Swain (1990), 128 ss.
[4] Cfr. Ingenkamp H.G., Plutarch’s Two Aims in His Lives of Aemilius Paulus and Timoleon, Convegno Oxford cit.
[5] Epaminondas-Scipio (Africanus maior?): cfr. Herbert (1957), 83 ss. Forse conteneva un’introduzione generale al corpus, cfr. Gossage (1967), 48; e Geiger (1981), 87. Scettico Desideri (1992), 4472 s. Sull’Epaminonda adesso, si vd. Tuplin (1984), 346 ss.
[6] Si vd., per es., Wilamowitz (1967), 258 n. 1.
[7] Secondo Wilamowitz (1967), 260, era l’Emiliano; e così per Herbert (1957), 83 ss. Secondo Ziegler (1951), 895-896 si trattava, invece, di Scipione Africano.
[8] Wardman (1974), 37. Si vd. per es. il Pelopida e diversi passi analoghi in scritti etici; cfr. Buckler (1978), 36 ss.; corrispondenze tra passi delle Vite di Romolo, Publicola e Alessandro col De mul. virt., l’Amatorius e altri in Stadter (1965), 30 ss.; 80 ss.; 103 ss.; 112 ss.; su passi nelle Vite di Licurgo, Numa, Solone, Dione e Bruto e nei Moralia: Goessler (1962) passim; l’importanza della retorica sia per le Vite sia per i Moralia in Russell (1972), 21 ss.; Harrison (1987), 271 ss.; Stadter (1987), 251 ss. e Stadter (1989), XXXVIII ss. In generale, si vd. Valgiglio (1987), 1738, 1740 ss.
[9] Cfr. il programma simile di Dionigi di Alicarnasso (vd. però n. 11). Su Plutarco, per es., Wilamowitz (1967), 259 s.; Weber (1959), 78; Gomme (1945), 55; Jones (1971), 103 s.; Barrow (1967), 56 ss.; Simms (1974), 238 ss; Boulogne (1990), 473 ss.
[10] Diversa la situazione per gli storici di formazione greca nell’Impero romano dopo Plutarco (Appiano, Arriano, Dione Cassio), poiché essi partecipavano attivamente alla vita politica di Roma (cfr. Pelling [1988a], 9).
[11] Un compito simile, in qualità di storico, si assumeva Dionigi «per mostrare ai Greci che i Romani non erano barbari, bensì ben disposti verso la cultura greca e, di fatto, di origine greca essi stessi». Il programma di Dionigi – a differenza di quello di Plutarco – era ben precisato fin dall’inizio e perseguiva precisi intenti propagandistici: cfr. Babut (1975), 208 ss.
[12] Wilamowitz (1967), 258 ss.
[13] Pelling (1988a), 8; Wardman (1974), 37 ss.; naturalmente contava anche su un pubblico romano: cfr. Wilamowitz (1967), 258.
[14] Cfr. Russell (1972), 31.
[15] Cfr. Pelling (1989), 200 ss. e (1988b), 266 ss.; Desideri (1992), 4486, che opportunamente parla di una «sorta di divisione funzionale delle rispettive competenze nell’ambito di una complementarietà globale: alla Grecia l’elaborazione e la diffusione dei valori culturali, a Roma la realizzazione dei grandi progetti politici».
[16] Cfr. Swain (1990b), 192 ss. e (1990a), 131 ss. Su Cicerone, si vd. però Pelling (1989), 218 ss.
[17] Cfr. Wardman (1974), 234 ss.; Geiger (1981), 104; Pelling (1986), 83 ss.
[18] Cfr. anche van der Valk (1982), 301 ss. e Latmour (1988), 374 ss. e (1992), 4157 ss.
[19] Cfr. Weiss (1953), 339 ss.; Giustiniani (1961), 3 ss. e (1979), 45 ss.; Criniti (1979), 190 ss.; Aulotte (1968), 549 ss. Un breve sommario di traduzioni latine in Garzetti (1954), LXI ss. Cfr. anche Gabba (1961).
[20] Cfr. Resta (1926).
[21] Per es., Donato Acciaiuoli scrisse una Vita di Annibale e una di Scipione Africano, precedute da una prefazione in cui ringrazia Pietro dei Medici dei benefici ricevuti da lui e suo padre Cosimo e spiega di aver inserito fra le biografie plutarchee quelle di Annibale e Scipione, quae ex varis auctoribus tum graecis, tum latinis collegeram… La coppia è conservata in tutte le ristampe e nelle prime traduzioni, dove però, soppressa la prefazione, spesso viene attribuita allo stesso Plutarco.
[22] Per es., Guerrini (1985a), 87 ss. (1985b), 83 ss. e (1985c), 179 ss.
[23] Barrow (1967), 176.
[24] Cfr. Aulotte (1971). Cfr. anche Gerhard (1977).
[25] Cfr., per es., Lamotte (1980).
[26] Per es., Altkamp (1933); Hale Shackford (1974); Green (1979).
[27] Hirzel (1912), 179; Momigliano (1949), 560.
[28] Hirzel (1912), 170 ss.
[29] Si vd. anche Howard (1970) e Meyer (1975).
[30] Cfr. Frost (1980), 41: «Le sue censure contro la disumanità e l’abuso del privilegio hanno infiammato spiriti liberali a un grado sensibilmente inferiore al punto di combustione, mentre la sua evidente predilezione per un potere illuminato gli ha procurato una favorevole collocazione nelle biblioteche dei più illuminati despoti».
[31] Russell (1966), 139: «La fama e l’influenza di cui Plutarco godette nei giorni della riscoperta dell’antichità non poteva sopravvivere alla rivoluzione negli orientamenti storici e accademici che segnarono il XIX secolo. Invece di essere considerato come uno specchio dell’antichità e della natura umana egli divenne “un’autorità secondaria”, da usarsi là dove le “fonti primarie” venivano a mancare, ed egli stesso finì per essere lapidato dagli studiosi della Quellenforschung (ricerca delle fonti) e abbandonato come un rudere. Conseguenza di ciò è l’abbandono delle Vite nei programmi dell’educazione. Dovrebbe inoltre essere evidente che, proprio in considerazione degli obiettivi storici per i quali l’opera viene prevalentemente studiata, è del tutto ingannevole e pericoloso considerare quello che è proprio uno dei più sofisticati prodotti dell’antica storiografia senza una costante attenzione ai piani e agli scopi del suo autore. Fortunatamente molto è stato scritto, soprattutto negli ultimi vent’anni, per ristabilire l’equilibrio».
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.