Prometeo e il Caucaso

dal sito Bifröst, Prometeo Incatenato

Il Caucaso è uno straordinario museo etnologico. Nel corso dei millenni, i suoi massicci montuosi, corrugati tra il Mar Nero e il Mar Caspio, hanno trattenuto molti piccoli popoli nelle vallate tra le montagne, conservandone i linguaggi, i costumi e le tradizioni. La ricchezza e la complessità linguistica della regione era nota fin dall’antichità. Strabone ricorda che nella città di Dioskouriás (georgiano Soxumi, abxaso Ak̄ǝa), sulla costa caucasica del Ponto Eusino, si radunavano settanta tribù diverse per svolgere le loro attività commerciali, e ciascuna aveva la propria lingua, «e questo perché, trattandosi di stirpi selvagge e arroganti, vivono sparse e senza mescolarsi» (Geografia, XI. 2, 16). Plinio assicura che a Dioskouriás i Romani negoziavano con l’ausilio di centotrenta interpreti (Naturalis historia, VI. 12). Anche i geografi arabi rimasero impressionati dalla varietà di etnie che s’incontravano nel Caucaso, tanto che la regione veniva definita come Ǧabal al-alsun, la «montagna delle lingue». Secondo lo storico Abū al-Ḥasan ʿAlī al-Masʿūdī, i monti del Caucaso erano abitati da così tante genti che solo Allāh avrebbe potuto contarle (Murūǧ aḏ-ḏahab wa maʿādin al-ǧawahir, 443).
Se l’alta densità linguistica è segnale di antichità, la maggior parte dei popoli del Caucaso devono essere presenti in situ da un’epoca incredibilmente remota. E se ci limitiamo allo strato autoctono, troviamo ben tre famiglie linguistiche serrate le une a ridosso delle altre.
A sud, la famiglia caucasico-meridionale, o cartvelica, dominata dal georgiano, oggi lingua ufficiale della repubblica di Georgia. Veicolo, fin dall’alto Medioevo, di una splendida e ricca letteratura, è l’unica delle lingue caucasiche a vantare una tradizione colta. A questo gruppo appartengono lingue minori come il mingrelio e lo svanete, parlati nella Georgia nord-occidentale, e il lazo, che è localizzato invece sulla costa sud-occidentale, presso il confine della Turchia.
A nord della Georgia, troviamo la famiglia caucasico-nordoccidentale. È dominata dall’abxasico, lingua del controverso stato di Abxazia, sito lungo la costa del Mar Nero. Il gruppo circasso (a sua volta distinto in adǝgė e cabardino) è invece sparso in diverse isole linguistiche oltre il confine russo. L’ubyx si è estinto nel 1992, con la morte del suo ultimo parlante, Tevfik Esenç.

Reinhold Begas, Prometheus. Statua, marmo di Carrara, 1900. Berlin, Akademie der Künste
Reinhold Begas, Prometheus. Statua, marmo di Carrara, 1900. Berlin, Akademie der Künste.

A nord e ad est della Georgia, in territorio russo, è invece stanziata la ricca famiglia caucasico-nordorientale. Esso è diviso a sua volta in due sottogruppi principali: quello delle lingue veynach, dominato dall’ingušo-čečeno, e quello daghestano, a sua volta suddiviso in dozzine di lingue e dialetti sparpagliati lungo la linea del Mar Caspio, fino al confine dell’Azǝrbaycan.
Le relazioni tra le tre famiglie linguistiche caucasiche non sono chiare. Esse vengono raggruppate insieme per comodità, ma i glottologi non hanno riscontrato affinità tali che si possa raggrupparle in macro-famiglie. Consenso vi è soltanto sulle lingue caucasico-meridionali o cartveliche, che formano un gruppo piuttosto compatto. Più complessa la questione sulle altre due famiglie, la nordoccidentale e la nordorientale, che molti linguisti ritengono correlate. Alcuni sostengono che le lingue veynach siano a loro volta un gruppo indipendente e intermedio tra gli ultimi due gruppi.
Nella regione sono però presenti anche alcuni popoli indoeuropei. Nel vasto acrocoro sotto le Alpi Pontiche, quasi a chiudere il Caucaso sul lato meridionale, sono stanziati gli Armeni, con la loro antichissima e ricca cultura nazionale. Gli Osseti, di lingua indoiranica, si sono insinuati in una piccola regione oggi tagliata in due dal confine tra la Georgia e la Russia. Gruppi di Curdi, sparsi tra Armenia, Turchia e Īrān, completano il quadro indoeuropeo.
Vi sono infine diversi popoli altaici, giunti nel Caucaso per buoni ultimi, di cui il più importante è quello degli Azeri, la cui lingua è oggi ufficiale nell’Azǝrbaycan. Altre lingue altaiche attualmente rappresentate nella regione sono il turkmeno, il karakalpaco, il nogai, il karačai, il balkario e il calmucco.
Queste note non sono inutili: chiariscono l’antichità e la complessità etnica di questa regione. È qui che il mito del prometeo incatenato è ben conosciuta, in molte varianti, su entrambi i versanti del massiccio caucasico. Il suo nome è Amirani presso Georgiani e Svaneti, Abrysk’yl presso gli Abxasi, Teʒau presso i Circassi Adǝgė, Nesren presso i Circassi Cabardini, sebbene esistano anche altre lezioni.
Tutti questi racconti, confinati per anni nell’ambito degli accademici russi, sono rimasti a lungo pressoché sconosciuti in Europa occidentale. Tra i primi a farne accenno, il danese Axel Olrik (1864-1917), ai primi del Novecento; ma è stato solo grazie agli studi pionieristici di Georges Dumézil (1898-1986) che la cultura mitologica del Caucaso ha cominciato ad avere i suoi primi riscontri in occidente. A spalancare il mondo caucasico agli studiosi europei è stato però il franco-georgiano Georges Charachidzé (Giorgi Šarašiʒe, 1930-2010), allievo di Dumézil, il quale ha analizzato minuziosamente il «ciclo amiranico», comparandolo con il mito greco.