La parodia del “Concilium deorum” di Lucilio

Il libro I delle Saturae, noto sin dall’antichità con il titolo di Concilium deorum, sul remoto modello di quello che apre l’Odissea (Od. I 26-95), mescolava insieme invettiva politica, satira di costume e parodia letteraria, offrendo una riscrittura che voleva essere, a un tempo, omaggio e affronto al precedente enniano degli Annales.

Là si raccontava il mito delle origini dell’Urbe, con la leggenda della lupus femina che nutrì Romolo e l’apoteosi di quest’ultimo, uomo visibilmente eccezionale (homo pulcer) e primo pater patriae a meritare il rango divino; nel concilium deorum luciliano, invece, si deliberava la condanna a morte di un certo Lupus, un potente corrotto e vulturius (in riferimento tanto all’avidità quanto alla voracità del personaggio).

Il Senato romano, dalla Collezione di figurine di Liebig’s.

Questo Lupo, definito princeps Senatus da uno scolio di Porfirione (ad Hor. Sat. II 1, 68), è stato identificato con Lucio Cornelio Lentulo Lupo, oratore e politico di un certo prestigio, edile curule nel 163, pretore urbano nel 160, console nel 156 e persino censore nel 147 (RE IV, 1, 1386-1387); è noto che fu ambasciatore in Grecia (Polyb. XXXI 23, 9), fiero avversario della fazione scipionica e oppositore di Catone nel dibattito sulla distruzione di Cartagine (Cic. Tusc. 3, 51); il soprannome Lupus è tramandato dai Fasti Capitolini (Inscr. It. XIII 1, 1a-b).

Di quest’uomo non si sa che abbia ricoperto l’alta carica di cui parla Porfirione, ma si è supposto che egli sia stato princeps Senatus tra il 131 e il 128, dal momento che i censori del 125 elessero a quella dignità suo cugino Publio Cornelio Lentulo, clarissimus et amantissimus rei publicae civis (Val. Max. V 3, 2f).

Contro Lupo, insomma, Lucilio mosse un attacco scoperto e feroce, costruendo abilmente una vicenda immaginaria. Si racconta che gli dèi, preoccupati della grave situazione in cui versavano Roma e i suoi abitanti, consilium summis hominum de rebus habebant («tenevano una riunione sui grandi problemi degli uomini», v. 4 Marx).

Probabilmente, esprimendo il desiderio di prendervi parte per assistere alla scena, Lucilio inserisce l’invettiva in un gioco intertestuale con l’autorità epica di riferimento:

Vel‹lem› concilium vestrum, quod dicitis olim

caelicolae † adfuissemus † priore

concilio

«Avrei voluto esserci al concilio di cui parlate, o abitanti del cielo, al concilio dell’altra volta!» (vv. 27-29 Marx).

Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana. Codex Vaticanus lat. 3867 (o Vergilius Romanus, V sec.), f. 234v. Il consesso degli dèi dell’Olimpo.

Nel corso del dibattimento si succedono vari interventi, tra i quali un’aspra requisitoria contro il lusso e la drastica risoluzione di mandare un’alluvione per spazzare via il genere umano; ma qualcuno osserva che la massima responsabilità dei fatti presenti ricade sulla classe dirigente romana e, in particolare, sul suo membro più influente, Lentulo Lupo.

Ecco che, allora, gli altri immortali, incuriositi da questo nome, domandano: Quae facies? Qui vultus viro? («Che aspetto? Che volto ha quest’uomo?», v. 43 Marx).

La richiesta offre il destro per un ridicolo ritratto del personaggio, presentato con fattezze mostruose tanto quanto la sua stessa indole: Vultus item ut facies, mors cetera, morbus, venenum («L’aspetto è pari al suo volto: il resto sembra uguale alla morte, all’itterizia, al veleno», v. 44 Marx).

In base alla legge del contrappasso, si decide di farlo morire mediante una solenne indigestione, una punizione quantomai esemplarmente banale e ingiuriosa. Giove assicura che provvederà personalmente a trascinare l’imputato non in iudicio, ma ad cenam, alla quale Lupo non parteciperà da solo.

Raffaello Sanzio, Il Concilio degli dèi. Affresco, 1517-1518. Roma, Villa Farnesina.

Al suo fianco, infatti, prenderanno posto tutti i crapuloni di Roma, affinché questa sordida genia possa essere annientata una volta per tutte:

Ad cenam adducam, et primum hisce abdomina thynni

advenientibus priva dabo cephalaeaque acarnae.

«Li farò venire a cena e agli intervenuti per prima cosa offrirò a ciascuno ventresche di tonno e teste di pesce persico» (vv. 49-50 Marx).

Al verdetto divino doveva far seguito il commento virulento del poeta satirico, che descriveva la cancrena che serpeggiava e corrodeva dall’interno il corpo del colpevole: Serpere uti gangrena mala atque herpestica posset («Sicché un fatale e corrosivo cancro potesse serpeggiare [dentro di lui]», v. 53 Marx).

La fine di Lupo è annunciata con spiritosa solennità: Occidunt, Lupe, sarpedae te et iura siluri («Ti uccidono, o Lupo, le sardelle e la salsa di pesce siluro!», v. 54 Marx).

Scena conviviale. Affresco, ante 79, da Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Il meccanismo su cui si fonda l’invenzione di Lucilio è la parodia letteraria, che oltre a mostrare le riprese dell’ἔπος – e, in particolare, dal I libro degli Annales enniani –, segnala pure una distanza ideologica tra il poeta satirico ed Ennio.

Era stato proprio quest’ultimo il primo a introdurre nella tradizione latina l’idea (ellenistica) dell’ascensione tra i celesti dei benemeriti della res publica, estendendola da Romolo a Scipione Africano Maggiore (Enn. var. 22-23 Vahlen², Si fas endo plagas caelestum ascendere cuiquam, / mi soli caeli maxima porta patet, «Se è lecito a un essere umano ascendere alle regioni celesti, per me solo è aperta la grande porta del cielo»).

Il consesso divino proposto da Lucilio, invece, ha tutta l’aria di comportarsi secondo le procedure e i protocolli formali propri del Senato romano.

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Riferimenti bibliografici:

R. Degl’Innocenti Pierini, Il concilio degli dei tra Lucilio e Ovidio, A&R 32 (1987), 137-147.

G. Garbugino, Note critiche ai libri I-VII di Lucilio, StudNon 7 (1982), 97-115.

I. Goh, Scepticism at the Birth of Satire: Carneades in Lucilius’ Concilium deorum, CQ 68 (2018), 1-15.

Id., Living among Wolves, Acting Like a Wolf. Lucilius’ Attacks on Lupus, CPh 115 (2020), 281-293.

W. Krenkel (ed.), Lucilius: Satiren, 2 voll., Leiden 1970.

G. Manuwald, Concilia deorum: Ein episches Motiv in der römischen Satire, in F. Felgentreu, F. Mündt, N. Rücker (eds.), Per attentam Caesaris aurem: Satire- die unpolitische Gattung?, Tübinge 2009, 46-61.

I. Mariotti, Studi luciliani, Firenze 1960.

F. Marx (ed.), C. Lucilii Carminum reliquiae, I, Leipzig 1904.

M. Mosca, I presunti modelli del concilium deorum di Lucilio, PdP 15 (1960), 373-384.

F. Pontani, Lucilio, Lupo e gli elefanti (v. 14 Marx), M&D 47 (2001), 165-170.

N. Terzaghi, I. Mariotti (eds.), Saturarum reliquiae, Firenze 1966.

N. Terzaghi, Lucilio, Roma 1970.

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