Antioco III il Grande

La vita di Antioco III è un romanzo. L’affermazione non sembri un’esagerazione, dal momento che quest’uomo, nell’arco della sua esistenza, conobbe grandi successi e sconfitte altrettanto notevoli ed ebbe modo di confrontarsi sia con l’immagine di Alessandro, arrivando a fregiarsi del medesimo appellativo di Μέγας, sia con l’azione di due protagonisti maggiori del suo tempo: Annibale Barca e Publio Cornelio Scipione Africano.

Antioco III il Grande. Tetradramma, Asia Minore 213-204 a.C. Ar. 17,01 g. Dritto: Testa diademata del sovrano verso destra.

Antioco era nato intorno al 242 a.C. da re Seleuco II Callinico e Laodice, ma, siccome era il secondogenito, alla morte del padre nel 226 il regno era passato a suo fratello Seleuco III Sotere. In quegli anni, con il fratello sul trono, Antioco ebbe modo di affinare le proprie capacità amministrative e diplomatiche, governando per conto del re le satrapie orientali. Alla morte del fratello nel 223, Antioco fu proclamato βασιλεύς: aveva solo 19 anni ed ereditava un regno in rivolta. Affrontò la situazione affidando incarichi importanti ai fratelli Molone e Alessandro, già satrapi rispettivamente della Media e della Perside, ma essi gli si rivoltarono contro, perché avevano in odio Ermia, il potente primo ministro del sovrano. Molone arrivò persino ad autoproclamarsi βασιλεύς, ma, dopo un’iniziale serie di vittorie in Mesopotamia, alla fine fu sconfitto da Antioco in persona e, abbandonato dai suoi, fu costretto a uccidersi; anche l’altro fratello, Alessandro, che lo aveva seguito nella ribellione, lo seguì anche nella morte. Era il 220, e Antioco aveva 22 anni.

Soldati seleucidi. Illustrazione di D. Alexinski.

Le attenzioni maggiori del re, in quegli anni, erano andate sempre più concentrandosi verso l’Egitto, a cui progettava di togliere il controllo della Celesiria e dell’intera Fenicia. Cominciò così la cosiddetta “Quarta guerra siriaca”: nei due anni successivi il re seleucide conseguì una serie di importanti vittorie, riconquistando anche l’ancestrale Seleucia di Pieria (alle foci dell’Oronte presso l’od. Samandağ, in Turchia) e giungendo a minacciare i confini metropolitani del dominio tolemaico. Tuttavia, Tolemeo IV gli inflisse una sonora sconfitta nella battaglia di Raphia (od. Rafah, a sud di Gaza), costringendo Antioco a riparare a nord del Libano: il faraone non continuò la guerra, ma impose all’avversario miti condizioni di pace, reimpossessandosi della Celesiria. Nel frattempo, il re seleucide dovette fronteggiare una nuova minaccia: Acheo, suo generale plenipotenziario, già al seguito del Callinico, impegnato in Asia Minore contro i re di Pergamo, aveva preso sede a Sardi, in Lidia. Lo stratego approfittò dei suoi successi e del fatto che Antioco fosse in guerra con i Tolemei per dare sfogo alle proprie ambizioni: si fece proclamare βασιλεύς. Ma la sua usurpazione ebbe vita breve: nel 216 Antioco passò rapidamente la catena del Tauro e, alleatosi con Attalo I di Pergamo, conquistò in una sola volta tutti i territori passati sotto il dominio del generale ribelle. Acheo, tradito dai suoi, fu consegnato al re. Era il 213 a.C. e Antioco aveva 29 anni.

Gli elefanti alla battaglia di Raphia (216 a.C.). Illustrazione di A. Karashchuk.

Sulla scia dei successi riportati, Antioco III mosse ancora all’attacco dei propri vicini usando la diplomazia e la forza militare. Negli anni successivi, infatti, tra il 212 e il 205, il re compì una ἀνάβασις attraverso i territori orientali del dominio dei suoi avi, riportando sotto il suo controllo le satrapie di Armenia, Parthia, Bactria e Arachosia e ricevendo il soprannome di Μέγας. Nel 204 era salito al trono d’Egitto Tolemeo V Epifane; approfittando della minorità del faraone, Antioco III pensò bene di rinnovare l’offensiva per controllare la Celesiria: con la “Quinta guerra siriaca” (200-198), conclusasi con la vittoria seleucide a Paneion, la Palestina passava interamente sotto il dominio di Antioco. Dal 196 il re siriaco condusse una campagna militare in Anatolia occidentale e in Tracia, sottomettendo e conquistando numerose città greche, stabilendo legami diplomatici con quelle che erano insoddisfatte della presenza romana nell’Egeo.

Antioco III il Grande. Testa, copia romana in marmo del I secolo da un originale del III secolo a.C. Paris, Musée du Louvre.

Invasa la Grecia nel 192 con un’armata di 10.000 uomini e forte dell’alleanza della Lega etolica e di altre città elleniche, Antioco entrò in guerra con Roma. In quegli anni il re aveva accolto presso di sé anche Annibale, costretto all’esilio da Cartagine: aveva apprezzato la fama, le gesta e il valore del generale punico e ne fece un suo consigliere militare. Tuttavia, non sempre ne seguì i pareri, commettendo una serie di gravi errori. Infatti, nel 191 un esercito romano al comando del console Manio Acilio Glabrione gli inflisse una dura batosta alle Termopili, costringendo Antioco ad abbandonare la Grecia e rientrare nei suoi domini asiatici. L’anno successivo la guerra contro il Seleucide fu assegnata a Lucio Cornelio Scipione, fratello di Africano: Antioco fu di nuovo sconfitto a Magnesia sul Sipilo. Nel 188 con il trattato di Apamea i Romani gli imposero di cedere tutti i territori a nord della catena del Tauro, consentendogli di conservare i domini orientali.

La battaglia di Magnesia al Sipilo (190 a.C.). Illustrazione di I. Dzis.

La situazione del suo regno era compromessa, ma Antioco III cercò di risollevarne le sorti con un’impresa disperata e sacrilega. Dopo aver nominato coreggente il figlio Seleuco IV Filopatore, il re si mise in marcia e sulla via per Babilonia si diresse in Elimaide, dove si trovava un importante santuario dedicato a Baal, che custodiva favolose ricchezze. Antioco tentò di saccheggiarlo, ma non vi riuscì: fu catturato e ucciso dagli abitanti del posto, accorsi in difesa del luogo sacro. Era il 187/6 e Antioco aveva 56 anni.

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Fonti antiche: Syll.³ 601; 605a; 606; OGIS 245-246; Polyb. V 40 ss.; X 28 ss.; XI 34; XV 20; XVI 18 ss.; XXI 6 ss.; Just. prol. 30-32; XXX 2; 4; XXXI; XXXII 2; XLI 5; Diod. XXXVIII-XXIX; XXXI 19, 7; Liv. XXXIII-XXXVIII; Jos. AJ XII 129 ss.; 414; App. Syr. 1-44; DCass. XIX.

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Riferimenti bibliografici:

M. Austin, The Hellenistic World from Alexander to the Roman Conquest. A Selection of Ancient Sources in Translation, Cambridge 2006.

J.D. Grainger, The Roman War of Antiochos the Great, Leiden-Boston 2002.

J.D. Grainger, The Syrian Wars, Leiden-Boston 2010.

J.D. Grainger,  The Seleukid Empire of Antiochus III, 223-187 BC, Barnsley 2015.

M.J. Taylor, Antiochus the Great, Barnsley 2013.

11 pensieri su “Antioco III il Grande

  1. […] Dietro l’angolo, ora, c’era il terzo grande regno mediorientale, quello dei Parti, che avrebbe costituito la spina nel fianco per Roma nei tre secoli a venire. Ci furono dei contatti diplomatici tra Lucullo e il loro sovrano Arsace, per stipulare un’alleanza, ma pare che non se ne fece nulla. Anzi, sembra che il proconsole avesse intenzione di attaccare anche la Partia, ma che i soldati, provati dalla lunga serie di campagne, si siano opposti; così, il condottiero si risolse a proseguire l’impresa armena, che d’altronde era ben lungi dall’essere conclusa. La marcia riprese nell’anno 68 a.C., oltre il Tauro, dove la carenza di grano, non ancora maturo, fu compensata dal saccheggio dei villaggi stipati di viveri per Tigrane il quale, dal canto suo, piuttosto scoraggiato, aveva delegato il comando e l’allestimento di un nuovo esercito al suocero; questi aveva arruolato in fretta e furia tutti gli Armeni atti alle armi, per scegliere poi i migliori 70.000 fanti e 35.000 cavalieri e farli istruire dai suoi soldati. Sulle prime, l’intento di Lucullo era di costringere il re a una nuova, decisiva battaglia campale; ma poi, visto che al di là di alcune scaramucce con alcuni reparti armeni i Romani non riuscivano ad andare, il proconsole decise di puntare sull’altra, più antica capitale del regno, Artassata, che si diceva fondata da Annibale ai tempi in cui era consigliere di Antioco III di Siria. […]

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